Il condannato per un reato gravissimo come abusi sessuali su minore è lui, ma la “pena” la sta scontando lei. È il paradosso che sta vivendo una mamma...
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LA “CONDANNA”
La giustizia per le violenze alla bambina di seconda elementare sta facendo il suo corso: a carico di B. L., 47enne marocchino residente a Ponte nelle Alpi (Bl), sono già state pronunciate due sentenze conformi. «Cinque anni di reclusione oltre a 50mila euro di risarcimento alla vittima», hanno detto i giudici del Tribunale di Belluno e della Corte di Appello di Venezia. Ma la comunità musulmana, per ora, non ha preso posizione. L’imputato, che non ha mai fatto un giorno di galera, continua a frequentare la moschea. Anzi, in alcuni casi, c’è chi mette in dubbio le parole della donna, o meglio quelle del giudice. «Uscita la sentenza di secondo grado - racconta la 50enne - qualcuno ha iniziato a diffamare me e mia figlia dicendo che ci siamo inventate tutto. Per questo la comunità musulmana, che crede alle sue parole, ha isolato noi, dando credito a lui nonostante gli esiti del giudizi penale. Insomma oltre al danno la beffa».
LO SFOGO
«Cosa devo fare - dice la donna disperata - perché mi credano? Tappezzare la città con la sentenza?». «Anche dopo una doppia condanna conforme - prosegue - la mia comunità non mi crede. Credono alle sue parole, alla sua professione di innocenza». Il Ramadan per lei è stato una sofferenza: non poter stare con la comunità, pregare insieme. «Non posso più andare lì, vedermelo di fronte, e sentire che nessuno mi crede - prosegue -. Sua moglie crede a lui e così tutti gli altri. Ci additano e ci lasciano sole. Ritengo invece che la comunità debba prendere le distanze, perché si sa poi che quando si parla di musulmani è facile generalizzare. E così si presta solo il fianco a chi vuole gettare fango sulla nostra religione». «Dovrebbero invece ricordare - sottolinea la mamma, disperata - che mia figlia, ad oggi non ha superato il trauma e se lo porterà avanti per tutta la vita».
LA COMUNITÀ
«L’associazione è aperta a tutti e non c’è nessun vincolo per nessuno», sottolinea Aziz Amari, uno dei referenti della comunità musulmana bellunese. «Quello che è stato riportato - prosegue - non c’entra niente con noi, sono solo argomenti personali, che non entrano in moschea. Sono dicerie da bar e se vado nei bar ci sono dicerie di ogni genere. Il fatto che magari qualche famiglia non le parla più sono questioni personali e di questo non discutiamo durante i nostri incontri. Nei nostri centri (sono 5 nel Bellunese a Ponte nelle Alpi, Santa Giustina, Feltre, Belluno e Lentiai ndr) non si discute di queste cose. Non abbiamo preso alcuna posizione e non abbiamo trattato l’argomento». E cosa succederà se la sentenza diventerà definitiva? «Noi aspettiamo le sentenze definitive - risponde Aziz -: se verrà confermata, verrà allontanato. Quando sarà, andranno due persone da lui e gli diranno chiaramente che non vorranno averlo insieme a noi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino