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SAN DONÀ - «Grazie, anima bella». È stata mamma Eleonora a dare l'ultimo saluto al suo Giorgi, il 15enne morto il 21 dicembre scorso a Padova, dopo un malore dovuto forse a una trombosi cerebrale. Duomo gremito all'inverosimile, gli occhi lucidi dei ragazzi del Rugby San Donà, la cerimonia officiata con evidente trasporto emotivo da parte di don Nicola Munari, il direttore dell'oratorio Don Bosco che ha celebrato assieme a nove confratelli il funerale di Giorgio Conte. Ma alla fine è stata la mamma a prendere il microfono: è come se, per l'ultima volta, si fosse trovata in panchina o a bordo campo, a seguire la partita del figlio, così come faceva da anni come dirigente accompagnatore, per incitarlo o dargli i giusti consigli. «Guarda in quanti ci hai riuniti qua oggi: non è da te, così timido e introverso. Ma credo che la tua semplicità, bontà, dolcezza e determinazione, siano entrati nel cuore di tutti. Sei l'orgoglio di noi genitori, di tuo fratello, nonni e zii. Ci teniamo a ringraziare i tuoi coetanei e le persone che hai incontrato nella tua strada; ma, soprattutto, tutti gli insegnanti, animatori, educatori, allenatori che, in vari modi, assieme a noi, ti hanno reso il ragazzo speciale che sei. Grazie a tutti per la vicinanza in questi giorni. Proteggici, dacci la forza ed il coraggio per affrontare il futuro. Ti abbiamo sempre con noi. Grazie, anima bella».
LA COMMOZIONE
E la gente si è stretta ancora di più alla famiglia: ai genitori Eleonora e Roberto e al fratello Alessandro, 12 anni il mese prossimo.
IL COMMIATO
Toccante l'omelia di don Nicola, direttore dell'oratorio, ovvero di una comunità che Giorgio e la famiglia frequentavano e che, anche per questo, è rimasta toccata dalla tragedia. «Di fronte ad un fatto come questo ci si può giustamente arrabbiare ha esordito soprattutto perché non c'è un perché, non c'è spiegazione; non rimane che pregare tanto, come abbiamo fatto. Mamma Eleonora: hai trasmesso una grande speranza lunedì 21, quando, salutando con serenità gli amici di Giorgio, hai regalato qualcosa di grande. Ci ha scritto un amico e coetaneo di Giorgio: dopo avere visto tutto l'amore e il bene fatto per Giorgio ha detto e averlo ricevuto indietro dal dolce sguardo di sua mamma che ringraziava noi ad uno ad uno, beh, questo mi fa temere meno la morte. Lo dice un ragazzo di 16 anni». Don Nicola ha, quindi, ricordato com'era Giorgio. «Aveva una caratteristica riconosciuta da tutti: era davvero per gli altri, attento e premuroso. Una sua amica mi ha scritto: l'affetto che lui dava era vero, un bene autentico, fatto di piccole cose concrete. Non dava grandi abbracci continua il parroco ma quello che faceva nasceva proprio dal cuore. Era un ragazzo vero, concreto. Era assetato di amicizia a tal punto da temere l'esclusione degli altri; questo era il suo cruccio».
All'uscita il feretro, sul quale era stata stesa la maglia da rugby di Giorgio, con le firme di tutti i compagni di squadra, oltre alla sciarpa, le due ali dei giocatori che, per l'ultima volta, lo hanno salutato con un triplo Hurrà!. Perchè, come ha detto don Nicola, «è vero che nel rugby la palla va passata indietro, ma per andare avanti, senza avere paura di arrivare alla meta. Giorgio, veglia su di noi».
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Il Gazzettino