Morto Claudio Donai, il clochard più conosciuto di Treviso che sognava solo di avere una casa

Morto il clochard Claudio Donai
TREVISO - Claudio Donai avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 1° marzo. Gran parte della propria esistenza l'ha vissuta per strada, dormendo su una panchina, riparato...

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TREVISO - Claudio Donai avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 1° marzo. Gran parte della propria esistenza l'ha vissuta per strada, dormendo su una panchina, riparato da un sacco a pelo, oppure quando capitava nel dormitorio pubblico di via Pasubio a Sant'Angelo o in quello di via Risorgimento. Era una delle persone senza fissa dimora più note a Treviso, un personaggio molto conosciuto in centro città. Lo si vedeva principalmente girare a San Francesco o nella zona attorno all'ex palazzo della Provincia. Si era fatto buoni amici tra gli operatori di strada, i volontari della Notte dei Senza Dimora e della Comunità Sant'Egidio che fanno capo alla chiesa di San Martino Urbano. Molto rispettato dagli altri clochard per la sua personalità schiva e la capacità di affabulazione nel raccontare, a chi lo voleva e sapeva ascoltare, pezzi di una vita difficile, bruciata anche dalla dipendenza dall'alcol. Claudio Donai oggi è anche un numero, purtroppo: il nono italiano senza fissa dimora morto dall'inizio del 2023.

La storia

Claudio Donai, nato a Villorba e residente da anni a Treviso, ha avuto almeno l'estremo dono di morire venerdì 6 gennaio in un posto letto, ricoverato nell'ospedale di comunità dell'Usl 2, inaugurato nel 2020 per assistere pazienti a bassa intensità di cura che non possono essere seguiti a domicilio. Lui un domicilio non lo aveva; negli ultimi giorni le sue crisi si sono rapidamente aggravate ed è stato ricoverato. Gli è stato accanto fino all'ultimo monsignor Giorgio Marcuzzo, fino al 2017 parroco del Duomo di Treviso ed oggi collaboratore pastorale di Santa Maria Ausiliatrice, nonché vicino agli invisibili della strada, che hanno come punto di riferimento San Martino Urbano e la Sant'Egidio. «Claudio era un uomo schivo, non dava confidenza, ma aveva un suo modo di mantenere le distanze. L'ho conosciuto circa quattordici anni fa, quando veniva a cercare un posto nel dormitorio di via Pasubio, oppure in via Risorgimento», racconta Fabio Tesser della cooperativa sociale La Esse. «Dai racconti che mi faceva della sua vita, diceva di avere vissuto anche a Bologna, e dagli altri pezzi di storie raccolti da chi lo conosceva e dormiva con lui, ho cercato di ricostruire la sua vicenda. Però erano pezzi di storie che spesso non combaciavano. Claudio era uno che si faceva rispettare dagli altri, era divenuto un po' l'emblema dei senza fissa dimora di Treviso. Era una persona di grande dolcezza e tremenda fragilità. L'ultima volta che l'ho visto, pochi giorni fa, mi ha fatto vedere il disegno di una casa».
 

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Il Gazzettino