«Ricoveratemi o la uccido», dimesso ammazza la moglie. ​I figli: causa all'Usl

«Ricoveratemi o la uccido», dimesso ammazza la moglie. I figli: causa all'Usl
PADOVA - Aveva chiesto di essere ricoverato perché temeva di poter uccidere la moglie e di suicidarsi, ma dopo tre settimane era stato dimesso dall'ospedale di...

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PADOVA - Aveva chiesto di essere ricoverato perché temeva di poter uccidere la moglie e di suicidarsi, ma dopo tre settimane era stato dimesso dall'ospedale di Monselice e qualche giorno dopo aveva ammazzato la moglie a coltellate. Ora i figli, dopo aver visto fallire in sede penale la richiesta di condannare per omicidio i due medici che seguirono il caso di Pietro Zaramella, 82 anni, di Montagnana, hanno avviato una causa civile presso il Tribunale di Padova, chiedendo un risarcimento danni di oltre due milioni di euro per la morte della madre, Edda Rossetto, 81 anni, e gravemente malata, uccisa a coltellate dal marito il 4 febbraio 2014, un mese dopo la sua uscita dal nosocomio.


Per il legale che assiste i familiari, Matteo Mion, è proprio il referto di ingresso in ospedale dell'uomo a inchiodare l'Usl 6 alle sue responsabilità, sottolineando che al momento del ricovero Zaramella esprimeva «ripetuti pensieri di omicidio-suicidio». «Quell'uomo chiese espressamente di essere ricoverato - rileva il legale - perché non riusciva più a sostenere il peso dell'assistenza che da anni prestava alla moglie malata». A supporto della richiesta economica Mion ha prodotto un documento con il quale Zaramella un mese prima dell'omicidio aveva chiesto che la moglie venisse accolta in una struttura di assistenza non riuscendo più a seguirla.
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Il Gazzettino