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VENEZIA - Ciò che per il pm di Gorizia Valentina Bossi rappresenta l'atto principale dell'intera architettura accusatoria, secondo il giudice per le indagini preliminari Flavia Mangiante, non è altro che la prova certa della correttezza dei comportamenti dell'allora prefetto di Gorizia, Vittorio Zappalorto, ora prefetto a Venezia.
È scritto così nel dispositivo con il quale il gip di Gorizia manda in archivio le accuse contro Zappalorto, finito sotto indagine per la gestione del Cie e del Cara di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia, dov'era stato rappresentante del Governo dal gennaio 2014 al luglio 2015.
LA PROSPETTIVA
Tra pm e gip è, a volerla semplificare, una differenza di veduta che però risulta decisiva nel sollevare l'attuale inquilino di Ca' Corner da ogni accusa, come chiesto a maggio dalla procura generale di Trieste che aveva avocato a sé l'inchiesta. Nel riassumere le posizioni, il gip tira dritto: «quanto a Zappalorto, la sua condotta pare essersi mossa in direzione opposta rispetto a quella prospettata nell'atto accusatorio non potendosi ravvisare elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio». Il cambio di prospettiva rispetto all'inquadratura data dal pm Bossi non è però finito.
«Zappalorto - continua il gip Mangiante - ha da subito affrontato la questione relativa al contratto tra la Prefettura e il Consorzio Connecting People (Onlus di Trapani che gestiva il Cara e il Cie di Gradisca, ndr) addivenendo alla risoluzione del contratto con un atto transattivo» firmato l'8 luglio 2015 e versando nelle casse della Onlus siciliana poco più di 4 milioni di euro «per le prestazioni erogate, per la chiusura anticipata del contratto e 500 mila euro (somma ancora non pagata) come compensazione per il sovradimensionamento della struttura organizzativa del Consorzio dovuta al mancato ripristino del Cie», spiega il gip.
IL PREFETTO
«L'archiviazione delle accuse pone fine a una vicenda che non si doveva mai neppure iniziare, trascinatasi ben oltre i termini di legge - commentano gli avvocati Marco Cappelletto e Daniele Grasso, legali di Zappalorto - La decisione del gip ha accertato con estrema chiarezza che la condotta del nostro assistito è sempre stata improntata nel senso opposto alla prospettazione accusatoria».
Soddisfazione anche nelle parole dello stesso prefetto, arrivato a Venezia come commissario dopo gli arresti del Mose e la caduta dell'allora sindaco Giorgio Orsoni. «Si è conclusa una vicenda iniziata a mia insaputa nel 2015, trascinatasi oltre i termini di legge, con il rischio di risolversi con una prescrizione anziché con il pieno riconoscimento della correttezza del mio operato - spiega Zappalorto - Ristabilendo la verità dei fatti, il gip ha chiarito che la mia condotta è stata esattamente l'opposto di quanto sostenuto dalla procura. Sono stati anni di grande sofferenza perché ho visto ingiustificatamente cercar di disconoscere i miei principi e i miei valori e di mettere in discussione il mio onore di servitore dello Stato, nel mentre ero certo di aver operato nella legalità. E con questi sentimenti e con ritrovata serenità mi accingo a festeggiare il Santo Natale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino