Gestione migranti a Gorizia. «Comportamenti corretti». Zappalorto, cade l'accusa

Venerdì 11 Dicembre 2020 di Nicola Munaro
Gestione migranti a Gorizia. «Comportamenti corretti». Zappalorto, cade l'accusa

VENEZIA - Ciò che per il pm di Gorizia Valentina Bossi rappresenta l'atto principale dell'intera architettura accusatoria, secondo il giudice per le indagini preliminari Flavia Mangiante, non è altro che la prova certa della correttezza dei comportamenti dell'allora prefetto di Gorizia, Vittorio Zappalorto, ora prefetto a Venezia. 


È scritto così nel dispositivo con il quale il gip di Gorizia manda in archivio le accuse contro Zappalorto, finito sotto indagine per la gestione del Cie e del Cara di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia, dov'era stato rappresentante del Governo dal gennaio 2014 al luglio 2015.


LA PROSPETTIVA

Tra pm e gip è, a volerla semplificare, una differenza di veduta che però risulta decisiva nel sollevare l'attuale inquilino di Ca' Corner da ogni accusa, come chiesto a maggio dalla procura generale di Trieste che aveva avocato a sé l'inchiesta.

Nel riassumere le posizioni, il gip tira dritto: «quanto a Zappalorto, la sua condotta pare essersi mossa in direzione opposta rispetto a quella prospettata nell'atto accusatorio non potendosi ravvisare elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio». Il cambio di prospettiva rispetto all'inquadratura data dal pm Bossi non è però finito.


«Zappalorto - continua il gip Mangiante - ha da subito affrontato la questione relativa al contratto tra la Prefettura e il Consorzio Connecting People (Onlus di Trapani che gestiva il Cara e il Cie di Gradisca, ndr) addivenendo alla risoluzione del contratto con un atto transattivo» firmato l'8 luglio 2015 e versando nelle casse della Onlus siciliana poco più di 4 milioni di euro «per le prestazioni erogate, per la chiusura anticipata del contratto e 500 mila euro (somma ancora non pagata) come compensazione per il sovradimensionamento della struttura organizzativa del Consorzio dovuta al mancato ripristino del Cie», spiega il gip. Niente a che spartire quindi con il teorema del pm Bossi secondo cui i 4 milioni erano in realtà una liquidazione con danno erariale annesso. Ma crolla anche la convinzione dell'accusa che Zappalorto avrebbe chiuso gli occhi su quanto succedeva all'interno del Cie e del Cara i cui gestori «sovrafatturavano» alla Prefettura di Gorizia la presenza degli ospiti. Accusa, quest'ultima, per di più contestata a Zappalorto quando non era nemmeno a Gorizia. È ancora il dispositivo d'archiviazione a smontare le tesi del pm. «Proprio in forza dei controlli e verifiche effettuati su iniziativa di Zappalorto - così nel dispositivo - venivano inflitte penali» al consorzio capeggiato da Connecting People.


IL PREFETTO

«L'archiviazione delle accuse pone fine a una vicenda che non si doveva mai neppure iniziare, trascinatasi ben oltre i termini di legge - commentano gli avvocati Marco Cappelletto e Daniele Grasso, legali di Zappalorto - La decisione del gip ha accertato con estrema chiarezza che la condotta del nostro assistito è sempre stata improntata nel senso opposto alla prospettazione accusatoria». 


Soddisfazione anche nelle parole dello stesso prefetto, arrivato a Venezia come commissario dopo gli arresti del Mose e la caduta dell'allora sindaco Giorgio Orsoni. «Si è conclusa una vicenda iniziata a mia insaputa nel 2015, trascinatasi oltre i termini di legge, con il rischio di risolversi con una prescrizione anziché con il pieno riconoscimento della correttezza del mio operato - spiega Zappalorto - Ristabilendo la verità dei fatti, il gip ha chiarito che la mia condotta è stata esattamente l'opposto di quanto sostenuto dalla procura. Sono stati anni di grande sofferenza perché ho visto ingiustificatamente cercar di disconoscere i miei principi e i miei valori e di mettere in discussione il mio onore di servitore dello Stato, nel mentre ero certo di aver operato nella legalità. E con questi sentimenti e con ritrovata serenità mi accingo a festeggiare il Santo Natale».

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