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«Le regole d’ingaggio prevedono che, se i rintracciati chiedono asilo politico, devono essere accolti. Poiché la richiesta è generalizzata, è chiaro che, nonostante i controlli al confine, gli ingressi dalla Rotta balcanica non calano».
È la sintesi che trae il segretario regionale del Sap, il sindacato autonomo di Polizia, Olivo Comelli rispetto agli ingressi di immigrati, che non sembrano avere avuto una drastica riduzione dopo la sospensione del Trattato di Schengen sulla frontiera slovena, con il conseguente avvio dei controlli per chi passa il confine e lo schieramento di 350 uomini della Polizia a presidiare i 14 valichi di primo livello e, con pattuglie dinamiche, i complessivi 168 chilometri di confine da Trieste a Tarvisio.
I DETTAGLI
Nel prosieguo dei rintracci, quindi, non peserebbero in maniera sostanziale i transiti nei valichi di secondo livello, di fatto non presidiati se non con passaggi fatti dalle pattuglie in movimento, ma il fatto che le motivazioni addotte dai migranti rendono obbligata l’accoglienza.
«In sostanza – prosegue Comelli – questa operazione serve non per frenare gli arrivi dalla Rotta balcanica, ma per identificare le persone all’ingresso, mentre in precedenza i rintracci si dovevano trasferire in Questura».
NUMERI
Le 350 unità schierate, infatti, «sono sufficienti per il lavoro che sono chiamate a svolgere – commenta -. Il punto è che questi numeri dovrebbero costituire la dotazione ordinaria per poter efficacemente contrastare l’immigrazione clandestina lungo la Rotta Balcanica, per fermare coloro che non hanno titolo per entrare nel territorio italiano», aggiunge Comelli.
IL PUNTO
Sabato scorso, dopo 16 anni di Schengen e quindi di transiti fluidi sul confine tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, sono riscattati i controlli antiterrorismo stabiliti dal Governo, rallentando un po’ i tempi di transito. La sospensione è stata inizialmente pensata per dieci giorni, ma già all’atto del suo avvio il ministro pordenonese Luca Ciriani ha considerato che durerà quanto necessario. Infatti, i dieci giorni rappresentano la durata minima in casi di emergenza, ma la sospensione del trattato di Schengen può durare anche fino a sei mesi.
Dalla Regione la scelta di Roma è stata considerata «assolutamente pragmatica, nell’ottica della sicurezza interna», come ha sostenuto il presidente Massimiliano Fedriga, pur con l’auspicio che queste misure «durino il meno possibile». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino