Koubyb Bkhairia ha 18 anni, è tunisino e sul finire di novembre, nel giro di 5 giorni, viene arrestato e condannato per due volte. Nella prima sentenza il giudice gli...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«UNA TRISTE STORIA»
A sollevare il caso è stato il comandante della Polizia locale di Venezia, Marco Agostini, con un post dal titolo «Una triste storia italiana» pubblicato ieri mattina sulla propria pagina Facebook in cui non compaiono nomi, né cognomi. Ma tutto è fin troppo facile da decrittare.
«C'è un cittadino straniero, spacciatore violento che compie le sue malefatte in una città che sta pagando un prezzo altissimo in termini di sicurezza urbana proprio a causa degli spacciatori - è l'incipit scelto dal comandante Agostini -. Viene arrestato al martedì dalla Polizia di Stato, ferisce due agenti e minaccia di morte altri con una minaccia particolarmente odiosa perché fa riferimento all'omicidio di due poliziotti di pochi giorni fa in una vicina città».
Il post continua raccontando il processo a Koubyb Bkhairia, la condanna, la sua liberazione ma con il divieto di dimora a Venezia. Che lui non osserva. Così pochi giorni dopo sono gli agenti della Polizia locale ad arrestarlo mentre a Mestre litiga con un nigeriano. Agli agenti della Polizia locale che lo portano al comando - e da lì in carcere perché ingestibile - il diciottenne tunisino ripete le minacce rievocando ancora una volta la strage di Trieste. Sono, queste, le basi su cui nasce il secondo processo. Il giudice dispone la condanna a 2 anni e 2 mesi e l'immediata espulsione.
Che non avviene, perché il cortocircuito è partito. Con tanto di rimpiattino tra orari d'ufficio tutt'altro che elastici.
«L'INGHIPPO»
«Immediatamente in considerazione della pericolosità del soggetto viene reperito un posto ad un Cie» racconta ancora il comandante della Polizia locale di Venezia nel suo post.
Il Cie trovato dalla Municipale veneziana incaricata di sbrigare le pratiche dell'espulsione «è ubicato a 500 chilometri di distanza (Torino, ndr). La Questura fa gli atti di competenza e la Polizia locale si fa carico dell'accompagnamento. E qui scatta l'inghippo: per rinchiudere il soggetto al centro di espulsione ci vuole una certificazione medica che ne attesti uno stato di salute compatibile - spiega Agostini -. Non lo può fare il medico del carcere perché il soggetto non è più un detenuto, non lo può fare il medico della Polizia, non lo può fare il Pronto soccorso. Serve un medico legale che è disponibile solo l'indomani mattina».
Per altro il Centro per il rimpatrio di Torino, a cui è destinato il diciottenne tunisino «accoglie gli ospiti solo dalle 8 alle 20», scrive ancora il comandante. Peccato che il processo per direttissima Venezia si sia concluso poco dopo le 13 e le pratiche per l'uscita dal carcere di Santa Maria Maggiore e quelle per il rimpatrio non sarebbero state pronte che nel giro di qualche ora. Vanificando così la partenza dell'auto della Polizia locale che, quindi, avrebbe raggiunto il capoluogo piemontese ben oltre le 20, quando ormai l'ufficio - anche medico - del Cpr sarebbe stato chiuso.
«RISCHIO SEQUESTRO»
E la legge? «Non consente di trattenere il soggetto per questi inghippi burocratici - si domanda e si risponde Agostini -. Risultato: al soggetto viene notificata l'espulsione con l'ordine di lasciare il paese entro sette giorni. Per il momento circola libero per le nostre strade e chissà se non reitererà il proprio comportamento violento. È frustrante tutto ciò, ma è la legge» è la chiusura del post del comandante della Polizia locale veneziana.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino