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MESTRE - Cresce la spesa per i farmaci contro i tumori, perché per fortuna si sopravvive di più e, perciò, i pazienti vanno curati per più tempo. Il dato è chiaro: negli ultimi otto anni l'Oncologia di Mestre e Venezia ha raddoppiato il budget per i farmaci chemioterapici, arrivando a spendere 11 milioni e mezzo di euro l'anno negli ospedali dell'Angelo e al Civile, dov'è primario unico Paolo Morandi. La cifra in tutta la Ulss 3 Serenissima ammonta invece a 20 milioni, che a loro volta raddoppiano a 40 se nel computo si calcolano anche le cure di Ematologia. Cifra che, nel complesso, corrisponde al 24% della spesa totale dell'azienda sanitaria.
L'EVOLUZIONE
«Questo dato riflette i grandi miglioramenti che nell'ultimo decennio sono stati introdotti contro il cancro», dice il dottor Morandi, 64 anni, primario in città dal 2013 dov'è arrivato da Vicenza. La novità che si sta rivelando decisiva, in positivo, per tanti pazienti si chiama immunoterapia, la nuova frontiere di cura per antonomasia. «Si aggiunge o sostituisce le cure tradizionali spiega Morandi In pratica i farmaci vanno a risvegliare il sistema immunitario e lo spingono a combattere la malattia. Ciò ha permesso di allungare la sopravvivenza di tante persone: chi non può guarire può comunque essere trattato più a lungo con buoni risultati e senza una compromissione significativa della qualità della vita a causa degli effetti collaterali».
Morandi guida un'équipe di 10 medici.
LA TENDENZA
Al netto dei guariti, che sono coloro che non presentano più segni di malattia a cinque o 10 anni dalla diagnosi, considerando chi convive con una neoplasia c'è una tendenza di crescita costante del 3% per anno e in totale il loro incremento negli ultimi 10 anni è del 37% circa. L'immunoterapia si sta dimostrando molto utile ad esempio nei tumori del polmone (eccetto il microcitoma), quelli del rene e della vescica, nel melanoma metastatico della pelle sul quale c'è un risultato incoraggiante: se una volta la sopravvivenza era di qualche mese, ora la metà dei pazienti riesce a raggiungere un periodo tra i due e i cinque anni. «L'altra grande novità sottolinea Morandi è data dalla cosiddetta carta d'identità genetica del tumore, con la quale il patologo è in grado di inquadrare la situazione di ciascun paziente, impostare l'approccio terapeutico e capire cosa sia più utile fare».
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