Amministrava 80 condomini, sparito nel nulla da 8 anni, 2 milioni di buco: ora la doccia fredda per 500 famiglie

I manifesti attaccati alla sede dello studio dell'amministratore, in via Spalti
MESTRE-  Amministrava un’ottantina di condomini, in centro a Mestre, ai quali chiedeva un equo compenso professionale di circa tremila euro all’anno. Ma...

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MESTRE-  Amministrava un’ottantina di condomini, in centro a Mestre, ai quali chiedeva un equo compenso professionale di circa tremila euro all’anno. Ma evidentemente non era su quelli che faceva conto. Da fine 2013 Pietro Piva non si sa che fine abbia fatto, come pure il denaro che con lui è sparito. Senza contare il “buco” che ha lasciato: intorno ai due milioni di euro di fatture non pagate. Ha collezionato decine di querele da parte delle oltre 500 famiglie che abitano in quei palazzi, che in alcuni casi si sono trovate senza riscaldamento o senza luce perchè le bollette dei fornitori, pur puntualmente saldate nella rata condominiale, non venivano pagate ormai da mesi. E a fronte di tante querele, c’è anche chi non si è rivolto alla giustizia, pessimista sul fatto di poter ottenere un risarcimento.


DOCCIA FREDDA 
In effetti ora la Procura della Repubblica ha comunicato alle vittime la richiesta di archiviazione nei confronti dell’amministratore infedele, a distanza di sette anni, senza specificare per ora le motivazioni. E ha ammesso la possibilità di opporsi al provvedimento entro 20 giorni. Ma c’è chi si sente beffato e non ci sta, anche se il tempo a disposizione è poco.
È il caso dell’avvocato Veronica Marchiori, il cui studio, in via Caneve, è ubicato in uno dei tanti condomini raggirati. E a lei si sono rivolti altri abitanti per tutelare i propri interessi: oltre a un ammanco di cassa di 60mila euro, sul condominio era piovuto infatti un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo di circa 90mila da parte di una ditta edile che aveva eseguito nel 2010 la ristrutturazione dell’edificio. Pochi mesi prima l’amministratore aveva certificato una “ricognizione del debito” in favore della ditta, ovvero un’attestazione che le fatture - che pure i condòmini avevano saldato alla segreteria - non erano state onorate per quella cifra. Di qui la necessità, per i truffati, di mettere nuovamente mano al portafoglio velocemente per non incappare in sanzioni, salvo poi sperare di recuperare il maltolto. La lista delle persone truffate è lunga, tutta inserita in un elenco che gli ufficiali giudiziari, in questi giorni, stanno notificando casa per casa, condominio per condominio. Piva aveva lo studio in via Spalti e qualche mese prima di sparire dalla circolazione aveva liquidato le sue tre dipendenti. Come ultimo atto aveva lasciato le consegne dei propri condomini al presidente dell’Anaci, l’associazione degli amministratori di condominio, senza specificare di più. 


IL TRUCCO


L’amministratore infedele aveva adottato un meccanismo molto efficace: non aveva lasciato alcun conto in rosso, meccanismo che avrebbe fatto scattare le verifiche, «ma - come racconta l’avvocato Marchiori - sono stati accertati dei prelievi e dei bonifici sul conto dell’amministratore, circostanza non prevista dalla legge. E tutto questo è stato ampiamente documentato nella nostra denuncia». E diecimila di qua, cinquantamila di là, senza pagare le bollette, si è accumulato un tesoretto sparito nel nulla. Lasciando due volte con l’amaro in bocca 500 famiglie, deluse e avvilite per il rischio di veder archiviato tutto. 

 

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Il Gazzettino