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MESTRE- Amministrava un’ottantina di condomini, in centro a Mestre, ai quali chiedeva un equo compenso professionale di circa tremila euro all’anno. Ma evidentemente non era su quelli che faceva conto. Da fine 2013 Pietro Piva non si sa che fine abbia fatto, come pure il denaro che con lui è sparito. Senza contare il “buco” che ha lasciato: intorno ai due milioni di euro di fatture non pagate. Ha collezionato decine di querele da parte delle oltre 500 famiglie che abitano in quei palazzi, che in alcuni casi si sono trovate senza riscaldamento o senza luce perchè le bollette dei fornitori, pur puntualmente saldate nella rata condominiale, non venivano pagate ormai da mesi. E a fronte di tante querele, c’è anche chi non si è rivolto alla giustizia, pessimista sul fatto di poter ottenere un risarcimento.
DOCCIA FREDDA
In effetti ora la Procura della Repubblica ha comunicato alle vittime la richiesta di archiviazione nei confronti dell’amministratore infedele, a distanza di sette anni, senza specificare per ora le motivazioni. E ha ammesso la possibilità di opporsi al provvedimento entro 20 giorni. Ma c’è chi si sente beffato e non ci sta, anche se il tempo a disposizione è poco.
È il caso dell’avvocato Veronica Marchiori, il cui studio, in via Caneve, è ubicato in uno dei tanti condomini raggirati.
IL TRUCCO
L’amministratore infedele aveva adottato un meccanismo molto efficace: non aveva lasciato alcun conto in rosso, meccanismo che avrebbe fatto scattare le verifiche, «ma - come racconta l’avvocato Marchiori - sono stati accertati dei prelievi e dei bonifici sul conto dell’amministratore, circostanza non prevista dalla legge. E tutto questo è stato ampiamente documentato nella nostra denuncia». E diecimila di qua, cinquantamila di là, senza pagare le bollette, si è accumulato un tesoretto sparito nel nulla. Lasciando due volte con l’amaro in bocca 500 famiglie, deluse e avvilite per il rischio di veder archiviato tutto.
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Il Gazzettino