Interprete e maestro del "vero" Prosecco ha fatto del vino la propria ragione di vita: Graziano Merotto è uno di quei vignaioli che non ha paura di sporcarsi...
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L'epopea aziendale dei Merotto parte da nonno Agostino che agli inizi del '900 inizia a coltivare la terra proprio lì, alle porte di Col San Martino, con una passione che riesce subito a trasmettere a quel nipote grande e grosso che va a studiare alla Scuola Enologica di Conegliano («con grandi maestri come Tullio De Rosa» ricorda Graziano) e che, nel marzo del 1972, gli permette di fondare una sua cantina iniziando a produrre vino Sur Lie da uve Glera.
L’Olchera è il primo vigneto di proprietà dei Merotto che nel 1973 decidono l’acquisto dell’appezzamento Particella 86. La prima autoclave entra in azienda a fine anni ‘70 e da quel momento Graziano inizia a sperimentare il metodo Martinotti-Charmat sotto la guida dell’enologo-poeta Piero Berton (oggi invece è Mark Merottto, omonimo e non parente del patron) che così lo descrive: “Graziano opera con tenacia nella sua terra. Ha intuito, concretezza e amore per il suo lavoro. Ha voluto una casa per il vino. È diventato adulto, lavora intensamente, conosce il Prosecco. Graziano vuole rimanere modesto, semplice, aperto, sensibile. Suggerisce la sobrietà, virtù sovrana per rapire ai suoi calici arte e sorriso”.
All’inizio degli anni ’90 nasce La Primavera di Barbara, un Prosecco di alta qualità che Graziano decide di progettare sin dalla selezione del vigneto, scelta al tempo poco frequente. Gli attribuisce il nome della figlia, Barbara, dedicandole una bottiglia ideata e realizzata su misura per l’azienda.
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Una dedizione a questa terra confermata da numerosi riconoscimenti, primo fra tutti il Tre Bicchieri, all’epoca una vera rarità nell’area del Prosecco, assegnato dal Gambero Rosso ininterrottamente a partire dal millesimo 2010.
Oggi i vigneti di Graziano Merotto si estendono tra Col San Martino, Farra di Soligo e Collalto e la sua gamma di prodotti è di assoluta qualità (conta anche un Brut rosè "Grani di nero" e il Cartize Superiore). E se questa terra è patrimonio dell'Unesco una parte del merito va anche a lui e ai veri vignaioli come lui.
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Il Gazzettino