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PADOVA - È la drammatica mattinata di sabato 22 febbraio 2020. Padova si è appena scoperta epicentro dell'emergenza Covid, esplosa all'improvviso la sera prima. All'ospedale di Schiavonia arrivano il questore, i carabinieri e i vertici dell'Ulss.
«Hanno indosso le mascherine», sottolinea la cronaca del Gazzettino. Già, perché due anni fa quello delle mascherine era un dettaglio importante da sottolineare per far capire la gravità della situazione. Due anni dopo la pandemia fa ancora parte delle nostre vite così come quei dispositivi di protezione nel frattempo diventati anche un accessorio d'abbigliamento in grado di fare tendenza. Di tutti i modelli, di tutti i tipi, di tutte le marche. Più o meno efficaci, ma sempre indosso, in tasca, in borsa o sul braccio. Ora però si cambia. Non sono più obbligatorie all'aperto (lo erano in tutta Italia per effetto dell'ultimo decreto Natale) e da aprile - salvo recrudescenze dei contagi - non saranno più obbligatorie nemmeno al chiuso.
I POLITICI
Le mascherine resteranno però il simbolo di questa pandemia e a Padova in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un panorama variegatissimo. Il sindaco Giordani ne ha indossate di tanti tipi: dalle bianche Ffp2 dei giorni più cupi a quelle chirurgiche con il logo della sua catena di negozi Nonsolosport. Davanti al Papa per l'udienza al Vaticano e davanti ai giornalisti per annunciare la ricandidatura, però, portava una sobria mascherina nera.
Tutt'altro che sobria quella dell'assessore regionale Roberto Marcato, con un grande Leone di San Marco poi adottato anche da tanti altri sindaci leghisti.
L'amministrazione di Padova ha fatto produrre delle mascherine con il logo della città ma ha vissuto con una punta di imbarazzo il caso scoppiato l'anno scorso per quelle acquistate da una ditta con lo stemma della Polizia locale: non erano certificate e alla fine sono state usate solo come semplici copri-mascherine (al costo totale di 5.795 euro, quasi sei euro l'una).
IL BO E LA SCIENZA
La rettrice Daniela Mapelli ultimamente indossa sempre una mascherina scura differenziandosi così dal suo predecessore Rosario Rizzuto che nel suo anno e mezzo di rettorato in convivenza con la pandemia ha variato continuamente affezionandosi a quella borgogna come il colore del Bo, rigorosamente in tinta con la cravatta che celebra gli 800 anni dell'ateneo.
Da scienziato di lungo corso il professor Rizzuto si è trovato a proprio agio anche con le classiche mascherina bianche da laboratorio, mentre chi lavora in corsia d'ospedale ha voluto proporre una variazione sul tema: di forte impatto quelle con l'arcobaleno indossate da un gruppo di infermiere dell'Ulss (arcobaleno anche per il deputato Alessandro Zan in corteo il giorno del Pride, ma per altri evidenti motivi).
LA FANTASIE
I più fantasiosi sono stati i bambini (uno dei simboli è quel bimbo di Vo' che dopo il lungo periodo di dad si è ripresentato a scuola con Superman sulla guancia) e i negozianti.
Un esempio per tutti: Federico Corcelli Gabbia, che nel suo negozio padovano vende dischi e si presenta con la mascherina zeppa di note musicali. Abbiamo visto anche quelle con gli stemmi delle squadre di calcio, con i disegni di Keith Haring e con i nomi di associazioni di categoria (l'Ascom), realtà solidali (l'Avis) e addirittura piscine da record (Y-40 di Montegrotto).
Ai centri vaccini pediatrici abbiamo trovato le mascherine realizzate ad hoc perfino per i clown e Babbo Natale. Mille tipi diversi e due raccomandazioni dei medici. La prima: «Anche se non è obbligatoria portiamola sempre con noi e indossiamola se c'è ressa». La seconda: «Usiamo quelle certificate, non semplici pezzi di tessuto». Sperando che un giorno diventino solo vecchi ricordi.
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Il Gazzettino