In Italia c'era arrivato a 16 anni, nel 2009. Mohamed Gueye, il 25enne senegalese fermato dalla polizia con l'accusa di aver violentato una ragazzina di 15 anni...
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Criminale con famiglia: padre di un bimbo avuto con l'ormai ex compagna (italiana). Quel figlio, peraltro, è il motivo che impedisce alle autorità di espellerlo. Nato a Dakar il 5 aprile 1993, in Italia c'era arrivato con ben altre aspettative. Fisico possente e piedi discreti, come si dice nel gergo del pallone, aveva cercato fortuna nel mondo del calcio. Qualche sparuta presenza nelle squadre dilettantistiche del Veneziano, senza però lasciare tracce indelebili del suo passaggio. Provini, allenamenti, senza però riuscire mai a ritagliarsi qualche presenza significativa sul campo. Eppure, nella carta d'identità e nei documenti anagrafici ottenuti dal Comune di Marcon, dove risiedeva fino a qualche tempo fa, alla voce professione figura ancora un'improbabile sedicente definizione di calciatore. Era sempre rimasto in zona, non si era mai allontanato dall'area compresa tra Mestre, Marghera e Jesolo. Qualche lavoretto per sbarcare il lunario, soprattutto come pr per qualche discoteca. La parlantina, di certo, non gli manca. E neanche la furbizia: il suo nome, infatti, era finito su tutti i giornali tre anni fa, nel gennaio 2015, per un particolare colpo messo a segno in centro storico a Venezia. Una dinamica decisamente singolare, ben lontana dal classico scippo o furto con destrezza. In quell'occasione, infatti, Gueye aveva conosciuto degli studenti in campo Santa Margherita, e si era fatto ospitare da loro per trascorrere la notte a fine serata. Era riuscito a ottenere la loro fiducia, una cosa che al giovane senegalese, evidentemente, riesce molto bene. Al risveglio, però, uno di questi si era reso conto che Gueye, allora 22enne, era sparito nel nulla con settecento euro trovati all'interno di uno dei loro portafogli. Arrestato dai carabinieri dopo poche ore, era poi stato processato e condannato. In quell'occasione aveva conosciuto il suo legale, l'avvocato Jacopo Stefani, nominato difensore di fiducia anche per questo episodio. Ieri pomeriggio il professionista trevigiano ha incontrato il suo assistito in carcere a Santa Maria Maggiore, a Venezia, per preparare l'incontro per la convalida del fermo con il gip lagunare, Roberta Marchiori, previsto per lunedì.
CASA E FAMIGLIA
Una vita di espedienti continui, leciti e (soprattutto) illeciti. In questi anni, però, si era costruito una rete di relazioni che andavano al di là dei suoi connazionali. Con una giovane mestrina aveva iniziato una vera relazione, da cui era nato anche un bimbo. Un rapporto vero, secondo i conoscenti della coppia, che, però, con gli anni si era deteriorato irrimediabilmente. L'uomo, senza fissa dimora attualmente, in passato aveva appunto vissuto a Marcon. Qui, si era creato un suo giro di amici tra i giovani del paese, e per tutti era semplicemente Mario. «Poi però a un certo momento è sparito nel nulla - racconta chi lo frequentava - non si è più fatto vedere e di lui non abbiamo saputo più nulla. Fino a ieri mattina, quando abbiamo visto la sua foto sui siti dei quotidiani locali». Residente in un appartamento di via Don Bosco (ma domiciliato altrove a lungo, forse a casa della compagna), è stato recentemente cancellato dalle liste anagrafiche in quanto irreperibile dal luglio 2015. «In paese lo ricordano in parecchi, lo vedevano spesso alla fermata dell'autobus per Mestre - commenta il sindaco di Marcon, Matteo Romanello - di fatto quest'uomo è stato però un nostro concittadino. Ci tengo a ribadire vicinanza e solidarietà alla vittima e alla sua famiglia e spero che chi deve decidere non lasci impunito il colpevole di un episodio di una tale gravità». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino