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VENEZIA - Quello del primario Fittà, a ben vedere, è solo l'ultimo episodio di quella fuga dei medici che dal servizio pubblico è in atto già da tempo. Dopo il Covid il processo sembra aver avuto una decisa accelerata. Il travaso verso il privato non è più una novità. Non pochi preferiscono essere pagati a gettone piuttosto che diventare dipendenti delle Ulss, posizione in passato particolarmente ambita. Anzi: ci sono persino medici che erano alle dipendenze delle Ulss, si sono dimessi e il giorno dopo hanno firmato la lettera d'incarico per collaborare con le stesse aziende sanitarie in libera professione, con partita Iva. E sempre più spesso, per garantire i servizi, le Ulss devono ricorrere alle consulenze e agli appalti alle cooperative, per esempio nell'ambito dei Pronti soccorso, talvolta senza raggiungere gli obbiettivi se è vero, come vero, che alcuni contratti di affidamento sono stati poi stracciati perché l'affidatario non era in grado di prestare il servizio richiesto.
L'ORDINE DEI MEDICI
«Non siamo di fronte a casi isolati», conferma Giovanni Leoni, chirurgo al Civile, presidente provinciale dell'Ordine dei medici, vicepresidente nazionale nonché segretario regionale di Cimo, il sindacato dei medici.
REPARTI IN SOFFERENZA
Il presidente dell'Ordine dei medici ricorda che le maggiori difficoltà riguardano reparti come Anestesia, Rianimazione, Pronti soccorso, ma ormai a macchia di leopardo si stanno estendendo a ogni specialità. «La domanda di salute è aumentata a fronte di un sistema sanitario in palese difficoltà per carenza di medici disponibili, soltanto in Veneto ne mancano 2mila, e per il taglio dei posti letto che è oggettivo sostiene Leoni Il ricorso alle cooperative è ormai sistematico e le cooperative stesse si stanno attrezzando per vendere alle Ulss pacchetti completi. L'esternalizzazione non è più un'eccezione. E per quanto riguarda i pazienti la dinamica che si viene a creare è chiara: chi può, si paga l'esame dal privato, eseguendolo il giorno dopo».
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