Il primario di Malattie Infettive, un anno in trincea: «Un ambulatorio in ospedale per vaccinare chi è a rischio»

Il primario Renzo Scaggiante crea un ambulatorio per le vaccinazioni di pazienti a rischio
IN PRIMA LINEA BELLUNO Era arrivato in piena pandemia nei primi giorni di marzo 2020. E, ad un anno dalla nomina, per il primario malattie infettive del San Martino di Belluno,...

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IN PRIMA LINEA BELLUNO Era arrivato in piena pandemia nei primi giorni di marzo 2020. E, ad un anno dalla nomina, per il primario malattie infettive del San Martino di Belluno, Renzo Scaggiante, non c’è tempo di fermarsi a fare bilanci. Il direttore della Unità operativa complessa di “Malattie infettive” dell’Ulss Dolomiti, che ha lottato contro il Covid nel reparto dove sono passati centinaia di malati infetti, sta lavorando all’apertura di un ambulatorio per le vaccinazioni da lui diretto per sconfiggere il virus. LA CHIAMATA Scaggiante arrivò, in quei giorni terribili di inizio emergenza, con procedura d’urgenza del direttore generale Adriano Rasi Caldogno, dopo aver vinto il concorso per coprire la posizione del primario Ermenegildo Francavilla, rimasta vacante con il suo pensionamento. Oltre alla responsabilità del reparto dell’ospedale San Martino ha assunto il controllo delle altre sedi ospedaliere della provincia relativamente alle strategie vaccinali, dando direttive e indicazioni su come operare con la migliore efficacia ed efficienza. Ma il merito sull’esito della lotta al virus, ancora non sconfitto, lui lo dà al lavoro ed abnegazione di tutto il personale medico e paramedico che lavora con grande impegno e professionalità è riuscendo a bloccare prontamente i focolai scoppiati localmente. Va ricordato lo sforzo organizzativo profuso durante lo svolgimento dei mondiali di sci di Cortina. LA CAMPAGNA Spiega il primario Scaggiante: «Gli operatori ormai, gli ospiti nelle case di riposo, gli ultra ottantenni e i malati di neoplasie sono stati vaccinati, si sta procedendo con il resto della popolazione. In questo contesto ovviamente le possibili mutazioni rappresentano una criticità nell’evoluzione della pandemia, da quella inglese ed ora indiana, aspetto che stiamo monitorando con la massima attenzione». Il proposito per sconfiggere il virus è quello di riuscire nei prossimi 3 mesi a vaccinare tutti. Anche in questa cruciale attività è in prima linea.

L’AMBULATORIO

«Spero sia al più venga autorizzato alle vaccinazioni - afferma il primario - anche il mio ambulatorio presso l’Ospedale San Martino. Attendo a breve l’assenso della Regione in modo da dare copertura in modo particolare alle persone più a rischio». In relazione a vaccini e possibili terapie afferma: «L’immunità acquisita da altre malattie infettive, o da un vaccino per la Tb, potrebbe fare la differenza, discorso simile anche per gli antivirali che devono essere assunti all’esordio della malattia per bloccare la replicazione del virus, quando, tra l’altro, è più facile il contagio che, come è noto, può avvenire anche prima della comparsa dei sintomi e anche quando si sono sviluppati gli anticorpi». A frenare l’avanzata del Coronavirus potrebbe essere un vaccino per la tubercolosi (tb) messo a punto un secolo fa. LE DIFESE In base alla sua esperienza di infettivologo già esperto in malattie tropicali presso l’Azienda Ospedaliera - Università di Padova spiega che teoricamente non si può escludere che avere un sistema immunitario iper reattivo possa ridurre il rischio di sviluppare il Covid-19 «ma conosciamo da pochi mesi questo coronavirus e anche sulle cure ci stiamo assestando». Di per sé qualsiasi contatto con batterio, virus e parassita tropicale, stimola il sistema immunitario, che prepara le truppe in allerta. Si può ipotizzare che l’aver avuto tanti stimoli immunitari possa migliorare la risposta contro alcuni virus, ma gli studi sono in corso. Questo, indirettamente potrebbe spiegare perché, ad esempio, negli ospedali siano pochi i ricoveri di migranti e africani.

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Il Gazzettino