Infiltrazioni mafiose in regione. Pordenone territorio che fa gola

Infiltrazioni mafiose, Pordenone fa gola
PORDENONE - In un anno la Dia ha analizzato 871 segnalazioni sospette in Friuli Venezia Giulia: 660 riguardano reati spia (estorsioni, usura, incendi dolosi o danneggiamenti...

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PORDENONE - In un anno la Dia ha analizzato 871 segnalazioni sospette in Friuli Venezia Giulia: 660 riguardano reati spia (estorsioni, usura, incendi dolosi o danneggiamenti tipici della criminalità organizzata), gli altri si riferiscono a operazioni che hanno a che fare con le infiltrazioni mafiose. Dal quadro ricostruito dalla Dia di Trieste, diretta dal colonnello Giacomo Moroso, emerge un aumento dell’esposizione all’interesse «delle consorterie criminali, che avendo a disposizione ingenti capitali da investire, frutto di attività illecite, vedono nelle aree a maggior vocazione imprenditoriale un punto d’approdo». Le aree più appetibili sono quelle delle province di Pordenone e Udine, oltre al polo cantieristico di Monfalcone.  Lo dice il report dell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia riferita al secondo semestre 2018. I dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata indicano, inoltre, che in Fvg sono in atto le procedure per la gestione di 35 immobili, mentre altri 19 sono già stati destinati.

Ciò che colpisce nel report è la capacità dei clan di agire in sordina, con tentativi di infiltrazione finalizzati al riciclaggio di denaro sporco attraverso aziende in crisi. Un esempio è la Serrmac di Budoia, su cui si era concentrata, dopo il fallimento della società, la criminalità calabrese. L’obiettivo era reimpiegare i capitali di un clan trasversale riconducibile alla ‘ndrangheta, alla camorra e ai Casamonica. Gli Emmanuello di Gela in passato avevano operato su Aviano. Mentre campano era l’uomo arrestato un anno fa a Brugnera mentre cercava di riscuotere un prestito concesso a tassi usurari.
C’è poi il capitolo legato a Fabio Gaiatto e alla mega truffa della Venice Investment Group. L’operazione “Piano B”, che il 18 dicembre ha portato in carcere sette persone, ha consentito di far luce su alcuni capitali illeciti (12 milioni) della famiglia Iovine, appartenente al cartello dei Casalesi. «Il sodalizio campano - si legge nel report - nel tentativo di recuperare il proprio investimento ha messo in atto condotte estorsive». In questo contesto è collocata la presenza di alcuni pregiudicati del clan Ranucci di Sant’Antimo (Napoli) che avrebbero minacciato gli ex collaboratori e creditori di Gaiatto per costringerli a versare ingenti somme di denaro sul conto della Venice Investment Group, in modo che poi i soldi fossero nuovamente trasferiti al clan dei Casalesi.

Dalla Puglia, infine, è arrivata la banda specializzata negli assalti con sequestro di persona, un pendolarismo criminale smantellato dai Carabinieri e radicato in provincia di Brindisi. Mentre dalla Cambogia e dalla Thailandia arrivavano le donne destinate a un giro di prostituzione bloccato dalla Polizia di Stato. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino