Il Canova sconosciuto ne "L'ultima notte" di Gabriele Dadati

La copertina
«Di quanta bellezza era stato padre traendola dal marmo, fertile come nessun altro prima e come nessun altro mai». Basta questa frase del libro "L'ultima...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Di quanta bellezza era stato padre traendola dal marmo, fertile come nessun altro prima e come nessun altro mai». Basta questa frase del libro "L'ultima notte di Antonio Canova" per dare l'idea di quanta poesia ci sia nel romanzo biografico scritto con passione e competenza da un giovane autore emiliano, il 35enne Gabriele Dadati, e appena uscito in libreria per i tipi di Baldini e Castoldi (286 pagg, 18 euro).


La storia del nuovo Fidia, il più grande scultore del mondo, parte dalla fine: il maestro di Possagno (dove nacque nel 1757) è ormai stanco e malato, ospitato e accudito a Venezia da una famiglia di amici, a Palazzo Francesconi. È l'ottobre 1822 e Canova rievoca davanti al fratello sacerdote, don Giovanni Battista Sartori, le tappe della propria vita soprattutto per togliersi alcuni pesi dalla coscienza. Il racconto è incalzante e arriva a quella giudicata la colpa massima, legata a un episodio cruciale avvenuto nel 1810 a Fontainebleau, in Francia, quando il maestro - chiamato dall'imperatore stesso - si trovava alla corte di Napoleone e della sua giovanissima moglie Maria Luisa d'Austria, la donna che poi Canova immortalò nel capolavoro denominato la Concordia.

In un crescendo di rivelazioni e intrighi, la nobildonna innocente si trasforma in «una imperatrice nera dell'imperatore nero», dopo essersi macchiata di un orribile crimine. E Canova stesso, che Napoleone ha assoldato perché lo ritiene il più grande scultore al mondo (salvo poi dimenticare di pagarlo, ndr), finirà per abbandonarsi a condotte di cui si pentirà, divorato dal desiderio di un figlio mai avuto. È questo anche il tormento del grande scultore trevigiano: «Non era stato figlio (divenne orfano di padre prestissimo, ndr), non aveva generato figli». Mentre l'imperatore, da spietato uomo di potere qual è, troverà una via crudele per appagare il suo desiderio di paternità, il maestro, in un'immaginifica scena finale, vedendosi attorniato dalla folla delle sue straordinarie opere (Amore e Psiche su tutte), troverà la pace. E attorniato affettuosamente da tutti i figli e le figlie che ha saputo trarre dalla pietra, e che vivranno per sempre, si scoprirà «padre di bellezza».
Nel suo appassionato racconto, Canova - a fianco del quale si staglia anche la figura del 13enne Elia, suo badante - rivela al fratellastro molti particolari che, romanzati dalla fertile penna di Dadati, spiegano come e perché scoccò la scintilla che ha poi incendiato e distrutto la sua vita. E trova, nella compassione dell'ascolto e nel conforto del sogno, la sua vera realizzazione.


Il libro di Dadati esce dunque dal clichè delle biografie e si innalza a romanzo a tutto tondo, con personaggi storici così ben delineati da farli apparire come protagonisti di un film ambientato nei primi dell'800. E chissà che proprio questo non sia il destino di questa canoviana Ultima notte.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino