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Lavoro rifiutato dai giovani, ma non solo, il racconto delle esperieze, dei contratti "sui generis", delle ore passate a sgobbare che non corrispondono allo stipendio finale: sono tantissime le testimonianze dei nostri lettori che arrivano sulla mail redazioneweb@gazzettino.it.
Buonasera,
mi chiamo Daniela, ho 47 anni e vorrei raccontarvi anche io una delle mie tante esperienze lavorative.
Vi ringrazio in anticipo per lo spazio che state dedicando a tutte quelle persone che combattono per un posto di lavoro "normale".
Io sono un'addetta alla vendita, mi piace il mio lavoro, soprattutto perché amo il rapporto a contatto col pubblico. Circa due anni fa, ho lavorato in un negozio di abbigliamento gestito da una coppia non giovanissima. Appena entrata mi sembrava una bella boutique, avevano clienti storici quindi l'ho vista come una buona opportunità ma il sogno si è infranto quasi subito. Premetto che mi hanno fatto il contratto dopo 13 giorni lavorativi dicendomi che la commercialista era in ferie. Ma quello che più mi è dispiaciuto è stato constatare l'atteggiamento irrispettoso dei due titolari: critiche e mansioni che non sarebbero spettate a me. Vi faccio qualche esempio: mi chiedevano di preparare i caffè, di passare in farmacia a prendere le loro medicine e altre commissioni extra. Mi hanno fatta sentire come una ragazzina alle prime armi. Vi dico solo che una volta ho dovuto fare la guardia alla macchina di una cliente che beatamente aveva parcheggiato nel posto dedicato ai disabili.
Inutile dirvi che dopo 2 mesi sono scappata. Per fortuna adesso lavoro in un posto migliore, ma vorrei invitare i datori di lavoro a farsi un esame di coscienza e a non dare sempre la colpa al reddito di cittadinanza se i lavoratori dicono no a certi impieghi.
Daniela
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