L'allarme da Belluno: «Mancano i giovani allevatori. Tanti se ne vanno e pochi arrivano»

Mancano giovani allevatori, l'allarme da Belluno
BELLUNO - «Molti partono, pochi arrivano». Riassume in questo modo, il presidente di Confagricoltura Belluno Diego Donazzolo, la posizione di chi, ancora oggi,...

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BELLUNO - «Molti partono, pochi arrivano». Riassume in questo modo, il presidente di Confagricoltura Belluno Diego Donazzolo, la posizione di chi, ancora oggi, nonostante le mille difficoltà del settore, decide di lavorare la terra. Tra questi, molti giovani. Il problema è che pochi riescono a trasformare quel sogno in un lavoro che permetta anche di vivere. Così avviano attività parallele, al di fuori del proprio allevamento, ma la terra richiede tempo ed energia e alla fine ci rinunciano. L’altro dato preoccupante è che, al momento, non ci sono gli estremi per il ricambio generazionale. In altre parole non c’è chi prenderà il posto di chi andrà in pensione. 


I GIOVANI
«Oggi – spiega Donazzolo – ci sono politiche di sviluppo rurale che aiutano i giovani a intraprendere queste attività e molto spesso tendono a chiudere il cerchio, quindi a produrre, trasformare e vendere il prodotto. Sono realtà complesse dal punto di vista della professionalità e richiedono tante conoscenze. Ed è per questo che sono apprezzate, i consumatori si stanno avvicinando sempre di più». 


LE SCONFITTE
Ma quanti avviano un’attività e riescono a mantenerla? A quanto pare pochi. «Bisogna fare un plauso – continua il presidente di Confagricoltura Belluno – a coloro che la avviano e poi riescono a ottenere buoni risultati, portandola oltre i 10 anni. Notiamo infatti che molti partono e dopo 5 anni non sono più in attività». Rincari, siccità, pandemia? Macché. «Smettono perché non riescono a raggiungere una stabilità tale da vivere solo di agricoltura - fa sapere Donazzolo -. Si trovano costretti a cercare alternative di lavoro e non riescono più a seguire l’attività agricola che richiede un impegno nel tempo molto elevato. Soprattutto se si produce, si trasforma e si vuole vendere». A questo si aggiunge ovviamente il costo del lavoro che in Italia «non è tra i più competitivi anche se in montagna è agevolato». Fatto sta che tanti non riescono ad arrivare a fine mese e preferiscono dirigere altrove le loro energie e il loro tempo. Per questo Donazzolo consiglia di stare attenti ai “business plan”: «Fateli bene e raggiungete un reddito adeguato». 


IL POST COVID
La pandemia, al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, non ha acuito queste criticità. Non in modo decisivo. Qualcuno è riuscito a recuperare. Altri, una volta arrivata l’estate, sono ripartiti ottenendo ottimi risultati. Senza contare che in molti, nel periodo post isolamento, hanno cercato realtà isolate o lontane dal covid come appunto malghe o attività agricole-bnb in montagna. «C’è chi ha saputo reagire – aggiunge Donazzolo – Ora abbiamo la guerra e la siccità. Sono cose che hanno creato difficoltà ma non da portare le aziende alla chiusura. A causa di scelte politiche errate ci troviamo ad affrontare in emergenza cose che andavano analizzate anni fa. Pensiamo agli investimenti… qualcuno dice che ne sono stati fatti troppo per rotatorie e ciclabili. A discapito di altri settori». 


AGRICOLTURA PART-TIME
Uno su tutti: la rete idrica bellunese, forata in quasi tutti i comuni, con evidenti disagi per chi ha bisogno dell’acqua per lavorare e vivere. «La cultura del fagiolo ne avrebbe bisogno ad esempio – sottolinea il presidente di Confagricoltura – Abbiamo realtà talmente piccole che alla fine riescono a sopravvivere anche di fronte a queste criticità. Non saltano le aziende per questo perché hanno altre entrate. L’agricoltura di montagna è per lo più part time. Aziende professionali ne abbiamo davvero poche». 


IL FUTURO?


Secondo Donazzolo la provincia di Belluno non raggiunge le 1000 aziende professionali e non. E il problema che si nasconde, appena dietro, riguarda il futuro: «Giovani ce ne sono ma il numero non è sufficiente per il ricambio. Inoltre, per quanto riguarda le aree di montagna, c’è difficoltà nel reperire terreni. Molti proprietari non li cedono in affitto». Come sopravvivere allora? In Alto Adige si è deciso di costruire il binomio agricoltura e turismo. «Così sopravvivi – conclude Donazzolo – Le attività agricole vanno sostenute e va fatto anche a Belluno. Dobbiamo renderla più appetibile. È un po’ quello che sta accadendo nelle aree interne in Italia. Attività agricola e turismo: non dobbiamo inventarci nulla». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino