OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
SACILE - L'arroganza di chi è convinto di aver messo nel sacco gli inquirenti e, sapendo di essere stato rintracciato in Cambogia, sfida i carabinieri con una telefonata in chiaro durante la quale sottolinea di essere al corrente del provvedimento a suo carico - che lo porterà in carcere per 14 anni -, ma di non avere alcuna intenzione di costituirsi. Anzi, spavaldo ha concluso con una sorta di invito: «Se siete capaci venite voi a prendermi». La chiamata risale a un anno fa e alla fine i carabinieri del Nucleo investigativo di Pordenone al comando del colonnello Pierluigi Grosseto, grazie anche al lavoro dei colleghi dell'Aliquota operativa di Sacile, quell'invito lo hanno accettato. Christian Casagrande, sacilese latitante da 4 anni, è stato arrestato a Phnom Penh, dalla polizia nazionale cambogiana grazie alle indagini degli uomini dell'Arma che non lo hanno mai mollato, seguendo nei mesi i suoi passi giorno dopo giorno e sapendo sempre dove si trovava. Una sorta di grande fratello globale ne ha permesso la cattura, come ha sottolineato ieri durante la conferenza stampa il colonnello Vincenzo Nicoletti, comandante del Reparto operativo provinciale. Un contatto quotidiano, seppur virtuale, che ha permesso agli uomini del colonnello Grosseto, armati di professionalità e fantasia, di stoppare la fuga di Casagrande che nel 2017 era stato colpito da un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Pordenone perchè deve scontare un cumulo complessivo di pene più di 14 anni di reclusione tra estorsione, crack milionari e appropriazione indebita (sentenze emesse anche dai Tribunali di Treviso e Padova).
LA CATTURA
L'unità catturandi dell'Arma di Pordenone ha monitorato da remoto il latitante per 270 giorni servendosi di ogni tecnologia disponibile attraverso la Procura di Pordenone.
L'INDAGINE
«Casagrande ha girato prima in Europa (dal 2017 è stato localizzato prima nel Regno Unito poi in Romania) lasciando tracce come Pollicino - ha sottolineato il colonnello Grosseto - fino a farci arrivare in Cambogia, dove credeva di essere ormai al sicuro, intoccabile. Spavaldo, ci ha sfidato ma, come ha più volte ribadito il procuratore Raffaele Tito che ha coordinato le indagini, se facciamo capire che una volta condannati non possono scappare, allora possiamo dire che ci sia la certezza della pena». Un arresto, dunque, non scaturito per caso, ma frutto di un lungo e meticoloso lavoro dei carabinieri. Casagrande non lavorava, ma poteva contare su un patrimonio custodito in conti esteri dai quali gli arrivava il denaro necessario a vivere e a spostarsi. Molto metodico, prelevava sempre attraverso carte di credito, mangiava nello stesso posto, cercando di condurre una vita normale. Ma a mettere fine ai suoi desiderata sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo riuscendo, attraverso l'Interpol, «ad avere i propri occhi e orecchie su quei difficili territori». E nella prima serata di martedì scorso è finita la latitanza di Christian Casagrande.
s.s.
Il Gazzettino