ROMA - «Questo episodio ci colpisce profondamente e per la sua gravità non può e non deve essere in alcun modo minimizzato. Ma proprio in virtù delle...
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«In trent'anni di carriera - fa sapere Massari - una cosa così non mi era mai capitata, una prova durissima sul piano emotivo e professionale». Allertato fin dal 25 gennaio della scomparsa del ragazzo, l'ambasciatore italiano si attiva con la sua squadra e per giorni si sente ripetere che «ricerche erano in corso ma non vi erano tracce dello studente, la loro versione escludeva categoricamente che Giulio fosse stato fermato o arrestato dalla polizia o da altre forze di sicurezza egiziane». Finché la sera del 3 febbraio arriva in via riservata la notizia della morte del ragazzo. L'ambasciatore apprende dalle sue fonti che il corpo di Giulio è stato portato nell'obitorio di una zona abbastanza centrale della città e decide di andarvi. «Abbiamo semplicemente informato per telefono - è il racconto dell'ambasciatore - le autorità locali che stavamo per recarci all'obitorio. Non c'è stato né divieto, né autorizzazione formale». «Vederlo per me - dice quindi - è stato devastante. Presentava segni evidenti di percosse e torture. Ho notato ferite, ecchimosi e bruciature.
Il Gazzettino