Italiano arrestato in aeroporto in Colombia con neonata non sua: chi è la bimba e perché era con Mirko Coccato

Italiano arrestato in Colombia in aeroporto con la neonata non sua: chi è la bimba e perché era con Mirko Coccato
«In quell'aeroporto mi hanno fatto sentire un trafficante di bambini». Mirko Coccato pronuncia questa frase, poi si ferma e scoppia a ridere. Ma la sua è...

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«In quell'aeroporto mi hanno fatto sentire un trafficante di bambini». Mirko Coccato pronuncia questa frase, poi si ferma e scoppia a ridere. Ma la sua è una risata amarissima. «Mi hanno tenuto due notti in una cella come se fossi un criminale, invece sono una brava persona che ha commesso solo un'ingenuità. Io volevo solo fare del bene e non vedo l'ora di riabbracciare quella bimba» Mirko, trentanovenne originario di Brugine nella Bassa Padovana, non si dà pace mentre parla da un appartamento di Cartagena de Indias. Martedì è stato arrestato dalla polizia colombiana per aver tentato di imbarcarsi con una neonata di 18 giorni dichiarata irregolarmente come propria figlia. Rimesso in libertà giovedì mattina, ora è pronto a tornare a casa. Lasciando però la moglie e la bambina dall'altra parte dell'oceano. 


Italiano arrestato in Colombia: partiva con una neonata non sua


Mirko, la sua storia è rimbalzata dalla Colombia all'Italia suscitando grande clamore. Ripercorriamo ciò che è successo? «Io sono sposato da dieci anni con una donna colombiana. Viviamo a Brugine, lavoriamo, siamo brave persone. La bambina che abbiamo deciso di adottare è la figlia della cugina di mia moglie: lei era in  difficoltà e noi volevamo aiutarla. Era rimasta incinta, ma sarebbe stata una ragazza-madre. Diceva che non poteva permettersi di tenere la figlia e voleva abortire. Io e mia moglie ci siamo proposti di aiutarla economicamente, purché la facesse nascere. Ma lei non voleva far crescere la piccola nel suo Paese, allora noi ci siamo detti pronti a portarla in Italia». 
Tra il dire e il fare, però, ci sono di mezzo le leggi. 
«Esatto, leggi che io non conoscevo bene. Mi sono fidato della persona sbagliata. Sono stato male indirizzato e mi sono cacciato in questa brutta storia. La mia colpa è stata quella di agire in modo sbrigativo». 
Cosa significa?
«Ci siamo affidati ad un avvocato colombiano che mi ha spiegato che mi sarebbe bastato firmare un atto in cui riconoscevo la figlia e mi dichiaravo padre. Invece non era affatto così. Sarei dovuto passare per un giudice e fare un'adozione in regola».
Quando era partito per la Colombia?
«Il 28 novembre, quando la bimba era nata da pochi giorni. Abbiamo aspettato alcune settimane per permettere alla piccola di fare un volo così lungo senza traumi e avevamo programmato un percorso con due scali, a Panama e Amsterdam, proprio per rendere il viaggio meno pesante». 



E invece cos'è successo?
All'aeroporto sono stato controllato e fermato. Mi hanno trattenuto per due notti nel posto di polizia dicendomi che c'erano delle irregolarità sui documenti e che dovevano controllare tutto. I documenti erano veri, ma la procedura che abbiamo scelto era sbagliata. Giovedì sono stato rilasciato senza imputazioni e ora sono pronto a tornare a casa perché le mie ferie sono finite e devo tornare a lavorare. Aspetto solo di trovare il biglietto, conto di essere a Brugine tra domenica e lunedì». 
I suoi colleghi del Mercato agroalimentare di Padova raccontano che lei parlasse già da tempo di questa bimba.
«Sì, da molto prima che nascesse. Credevo fosse tutto in regola e appena l'ho vista mi ci sono affezionato subito. La considero mia figlia, in questi giorni pensandola ho pianto tanto e non vedo l'ora di riabbracciarla».
Cosa accadrà, ora?
«Questo dipende dalle autorità colombiane. La piccola è stata affidata ad una casa-famiglia mentre mia moglie è rimasta lì, con i suoi parenti, a provare a mettere in regola tutto quello che c'è da mettere in regola. Se servirà firmare altri documenti, io sarò pronto a tornare di nuovo in Colombia». 
Vivete assieme in Veneto da dieci anni. Non avete mai pensato di adottare una bimba in Italia?

«No, in Italia è tutto molto più difficile e più costoso. In Colombia avevo pagato solo le spese mediche per il parto della madre naturale. Credevo fosse tutto sistemato». 
Gabriele Pipia Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino