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VENEZIA - Si impenna la richiesta di sanitari, non solo in generale in Italia, ma anche nello specifico a Nordest. Dopo due anni e mezzo di Covid, non accenna a calare l'esigenza di professionisti: medici e, in particolare a queste latitudini, infermieri. Per quest'ultima tipologia di laureati, infatti, la necessità formativa stimata dal Veneto è la più elevata a livello nazionale.
IL PROVVEDIMENTO
I dati emergono dallo schema di accordo per il fabbisogno dei laureati magistrali a ciclo unico in Medicina, Veterinaria e Odontoiatria, nonché dei laureati e laureati magistrali delle professioni sanitarie per l'anno accademico 2022/2023. Il provvedimento è stato trasmesso dal ministero della Salute alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Conferenza Stato-Regioni, affinché venga inserito nella prima seduta utile in vista dell'approvazione. Complessivamente proprio le Regioni hanno chiesto di prevedere 70.313 posti nelle Università, cioè 10.636 in più rispetto ai 59.677 dell'annata 2021/2022, suddivisi in sei diverse aree: 31.640 (a fronte dei precedenti 27.824) per l'infermieristica, 9.336 (anziché 6.678) per la riabilitazione, 6.098 (invece di 4.753) per la tecnico-diagnostica e la tecnico-assistenziale, 2.135 (non più 1.976 ) per la prevenzione, 19.307 (contro 17.061) per Medicina, Veterinaria e Odontoiatria, 1.749 per le figure di farmacista, biologo, chimico, fisico e psicologo.
LE VOCI
Rispetto al totale italiano, il Nordest vale oltre il 10% in termini di richieste avanzate dalle Regioni e tradotte in proposta del ministero.
IL BOOM
Ma a balzare agli occhi è soprattutto il boom nella domanda degli infermieri, la cui carenza in Veneto è drammaticamente spiccata durante la pandemia, come si è visto soprattutto nelle case di riposo, dove alla cronica mancanza di laureati nel settore si è aggiunta la fuga verso le strutture ospedaliere. A partire dal prossimo autunno, la Regione chiede così che possano immatricolarsi in 4.100 per la formazione di base (più altri 60 per quella magistrale), cioè un sesto dei 24.352 previsti a livello nazionale. Per dire: la Lombardia, che ha il doppio degli abitanti, se ne aspetta solo 3.500. È chiaro comunque che l'inserimento in corsia non sarà immediato, dal momento che il corso di studi ha una durata triennale. Del resto è di lungo periodo anche la prospettiva della programmazione ministeriale, come precisa lo stesso schema di accordo: «Le previsioni di domanda e offerta, tenuto conto della durata dei percorsi di studio e dei tempi necessari al sistema formativo per adeguarsi al fabbisogno formativo espresso, abbracciano un orizzonte temporale non inferiore a venti o venticinque anni, a seconda della durata del percorso formativo universitario».
I SUPER-OSS
Nel tentativo di tamponare l'emorragia negli ospizi, la giunta Zaia ha approvato tre settimane fa il percorso di Formazione complementare in assistenza sanitaria dell'operatore socio-sanitario, che mira a rendere disponibili 510 cosiddetti super-oss, in grado di svolgere alcune mansioni finora di competenza degli infermieri. Già la precedente delibera in materia, poi ritirata e riformulata, era stata impugnata dalla federazione Migep e dal sindacato Shc Oss.
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Il Gazzettino