Veterano del Belluno calcio morto. «Nessuno vigilò il paziente per almeno 4 minuti»

Veterano del Belluno calcio morto. «Nessuno vigilò il paziente per almeno 4 minuti»
BELLUNO - «Il cuore ha ripreso a battere, ma il cervello non si è più ripreso a causa del tempo intercorso senza ossigenazione». Circa 4 minuti, ha detto...

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BELLUNO - «Il cuore ha ripreso a battere, ma il cervello non si è più ripreso a causa del tempo intercorso senza ossigenazione». Circa 4 minuti, ha detto ieri in aula, in Tribunale a Belluno, il consulente della Procura Antonello Cirnelli, che ha parlato con il cardiologo Cosimo Perrone, anche lui consulente del pm che fece gli accertamenti specialistici. In quei 4 minuti nessuno stava vigilando Ferdinando Casanova, il veterano del Belluno calcio, di Limana, morto il 10 settembre 2016 a 75 anni. Il decesso arrivò dopo il malore che lo aveva colto quattro giorni prima, mentre era in Osservazione breve intensiva ovvero Obi al pronto soccorso del San Martino di Belluno. Alla sbarra per omicidio colposo l'infermiere che non avrebbe vigilato: Matteo Marin, 38 anni originario di Rivoli (Torino), che ieri era presente in aula, seduto accanto al suo avvocato, Massimiliano Paniz. Parte civile i famigliari, i  figlie e la moglie di Ferdinando, costituiti con l'avvocato Martino Fogliato di Belluno. Anche loro ieri erano presenti in aula e hanno seguito con attenzione la deposizione dei consulenti, che hanno risposto alle domande del pm Sandra Rossi.


«Il paziente viene trovato in bagno e nessun allarme è scattato - ha spiegato il medico legale Antonello Cirnelli -. Il fatto è avvenuto tra il 6 e 7 settembre, intorno alla mezzanotte. Non è stato un infarto, se ci fosse stato lo avrei visto. Era un paziente ischemico e l'ischemia è l'anticamera della morte dei tessuti, che poi è l'infarto. Più grande è l'ischemia e più grande sarà poi l'infarto che si verificherà». Quando Ferdinando viene trovato sono passati sicuramente più di 4 minuti: lo proverebbero i danni irreversibili al cervello, che poi porteranno alla morte che arrivò nella terapia intensiva il 10 settembre. Per i consulenti della parte civile (Claudio Lorenzi medico legale e cardiologo Zanotto) sarebbero stati addirittura 10 i minuti di omessa assistenza al paziente che era stato posto in Obi proprio per essere sorvegliato costantemente. Non solo tramite i macchinari, che avrebbero dovuto tenere sotto controllo il malato, ma anche con l'infermiere, che sarebbe stato subito avvertito da un segnale sonoro in caso di mutamento dei parametri. E toccava proprio a lui, come ha sottolineato la dottoressa del pronto soccorso Rosamaria Bruni che glielo aveva affidato, sentita ieri come teste (era finita sotto inchiesta ma la sua posizione è stata archiviata). La sentenza si conoscerà il 9 marzo, quando parleranno anche in consulenti della difesa. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino