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CASTELCUCCO (TREVISO) - «Quell’auto ci ha tagliato la strada di brutto. Alfredo è stato investito e ucciso sul colpo, proprio davanti a me. Io sono vivo per miracolo, solo perché ho inchiodato e mi sono buttato di lato». Marco Favaro è il ciclista che ieri mattina seguiva Alfredo Ceccon, il 54enne di Resana, operaio e poi falegname, travolto a Castelcucco. Le immagini e i rumori di quell’impatto fatale gli affollano ancora la mente. «Stavamo scendendo verso il centro di Castelcucco, in via Santa Lucia - racconta il compagno di squadra, la R2 team di Resana -. Una volta l’anno facciamo un raduno sociale per inaugurare l’inizio della stagione ciclistica. Avevamo deciso di fare tappa in un bar di Castelcucco e poi tornare a casa. Ma è successa la tragedia». Il gruppo, composto da una ventina di cicloamatori era partito poco prima da Resana, dopo la foto di rito in sella alle bici, tutti rigorosamente in maglia rossa. Alcuni di loro, invece, erano rimasti in paese per dare una mano come volontari alla gara podistica in corso, la “Marcia delle tre fontane”.
LO SCHIANTO
«Stavamo percorrendo la discesa: è una strada lunga e larga, eravamo un po’ sfilati, a qualche metro l’uno dall’altro. Alfredo era in testa al gruppo. Eravamo ben visibili. Eppure la macchina ci ha tagliato la strada». L’auto è una Lancia Musa. Al volante c’è un uomo di 88 anni, che viaggia in direzione opposta e all’altezza del cimitero svolta a sinistra per immettersi nella laterale.
SQUADRA IN LUTTO
L’intera squadra non si dà pace: c’è un lutto enorme da elaborare. «È la peggior cosa che potesse succedere - dice con un fil di voce il presidente Antonio Tosato, tempestivamente informato del dramma -. Alfredo è sempre stato un amico e un bravo socio. Correva con noi da quando ci siamo costituiti, 5 anni fa, ma alle spalle aveva già un’esperienza decennale. Si è sempre prodigato per gli altri. Siamo ancora molto scossi ma non mancheranno le iniziative per ricordarlo».
IL RITRATTO
Alfredo abitava nella frazione di San Marco, in via dello Zero. Ha lavorato come operaio e poi come falegname. Non era sposato e non aveva figli per cui nel tempo libero amava fare sport: calcio, podismo e ciclismo. Partecipava volentieri alla vita della comunità, soprattutto quando si trattava di dare una mano negli eventi. Era molto conosciuto e benvoluto. Ed era anche un donatore di sangue plurimedagliato dall’Avis. Per questo ora un intero paese piange la morte dell’«eterno giovane», come lo definisce il sindaco Stefano Bosa. «Abbiamo corso insieme da amatori: lo conoscevo bene - è il ricordo commosso del primo cittadino -. Era solare, di compagnia, sempre attivo nella comunità. Siamo davvero addolorati».
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Il Gazzettino