PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - «Non insegnerò mai più il Corano ai bambini, né a Pieve di Soligo né in qualsiasi altro centro islamico». Omar...
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È con le insegnanti, insospettitesi per i lividi presenti sulle gambe e sulle braccia di alcuni degli alunni, che i piccoli si sono confidati raccontando le loro terribili storie. Traumi che sono documentati anche da alcuni disegni. «Io come ero e io come sono adesso» è il titolo di uno dei tre disegni che adesso sono negli atti del fascicolo delle indagini. L’autore ha nove anni e nel foglio di carta ha ritratto sé stesso come se si trattasse di due bambini: uno a sinistra con il viso gioioso, l’altro a destra con una espressione molto triste su cui incombe la figura di un uomo che sembra proprio essere Omar Faruk. Figura che si ritrova in altri due lavoretti, di un bambino e di una bambina, che raccontano per immagini, considerate dagli inquirenti una prova della loro sofferenza psicologica, la “sottomissione” a cui gli allievi del centro islamico era tenuti nei confronti dell’Imam a cui mercoledì scorso è stata notificata la misura restrittiva del divieto di dimora nella provincia di Treviso. I disegni, hanno raccontato le maestre che li hanno allegati all’esposto presentato in Procura nello corso maggio e da cui sono scaturite le indagini, non sono stati stimolati dagli insegnati; si tratterebbe invece di lavori spontanei dei bambini che, insieme ai segni delle botte, avrebbero portato la scuola a voler capire cosa stavo succedendo durante le ore di insegnamento del Corano nella moschea di via Schiratti malgrado la reticenza delle famiglie, che per non affrontare la questione in molti casi avrebbero cercato di evitare l’argomento dicendo di non capire e non saper parlare bene l’italiano.
L’INTERROGATORIO
Un atteggiamento che il giudice per le indagini preliminari GianLuigi Zulian, nell’emettere la misura restrittiva nei confronti di Faruk, ha definito “negazionista al limite del favoreggiamento e della connivenza”. «Non volevo far del male ma anche io ho imparato così il Corano da piccolo» ha spiegato Faruk, che domani sosterrà l’interrogatorio di garanzia proprio davanti al gip Zulian. Al momento non scontato che il 36enne originario del Bangladesh decida di rispondere alle domande del giudice. Anzi è molto probabile che si avvarrà della facoltà° di non rispondere, riservandosi di chiedere di essere interrogato dal sostituto procuratore Massimo Zampicinini, il magistrato che sta coordinando le indagini, solo nei prossimi giorni. L’impianto probatorio sembra lasciare peraltro pochi margini di manovra alla difesa di Faruk: ci sono ore e ore di registrazioni audio e video, relative ai giorni tra il 20 e il 24 di giugno, in cui si vede l’uomo colpire bambini e bambine con un bastone reso più rigido - e quindi più doloroso - con del nastro adesivo, oppure con delle verghe con una estremità appuntita. E poi bambini presi e trascinati per le orecchie, strattonati, buttati a terra e poi tirati per i capelli, bambini colpite violentemente con schiaffoni alla testa. «L’auspicio del mio assistito - spiega l’avvocato Baglioni - è quello di chiarire e uscire il prima possibile da questa vicenda giudiziaria». Il che lascerebbe forse intendere il tentativo di tentare la strada del patteggiamento in fase di indagini. Faruk vorrebbe tornare a Pieve di Soligo, dove grazie ad un lavoro come domestico mantiene i due figli e la moglie che è in attesa di un terzo bambino. Il 36enne spera che con la conclusione della vicenda possa venire meno la misura cautelare e così ritornare in via Schiratti. Ma, dice lui, «mai più insegnerò ai bambini». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino