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MESTRE - Cambia il pianista ma la musica sembra la stessa. Con gli ultimi ministri dell’Ambiente il porto di Venezia è sempre più insabbiato. Letteralmente insabbiato, perché il Ministero guidato ora dal fisico e manager di fama mondiale Roberto Cingolani ha bloccato nuovamente l’escavo dei fanghi nel canale Malamocco-Marghera perché pretende che, prima di partire coi lavori, l’opera passi al vaglio della Commissione Via nazionale (Valutazione d’impatto ambientale). Questo significa che la ripresa delle manutenzioni ordinarie per garantire l’accessibilità del porto slitterà ancora non si sa di quanto, dopo che già sono stati spesi anni a combattere contro una burocrazia impazzita come la maionese che, nei fatti, ha decretato l’agonia dello scalo veneziano. Che sia un’iniziativa del nuovo ministero dell’Ambiente e della Transizione ecologica, oppure che sia un «frutto avvelenato del precedente Governo, una mina innescata e a tempo» come la definisce l’assessore allo Sviluppo economico del Comune di Venezia, Simone Venturini, il risultato cambia di poco, anzi di nulla: è la paralisi che incombe da anni e che, ad ogni nuova frenata imposta da Roma, diventa sempre più grave. Ora l’unica speranza per gli operatori portuali è che la decisione di Roma non sia irreversibile, perché altrimenti le linee container dirette con l’Estremo Oriente, perse l’anno scorso per colpa dei canali interrati e senza manutenzione, non torneranno davvero più. E, come dice il presidente di Confetra Nord Est, il veneziano Paolo Salvaro, «di questo passo i porti di Venezia e Chioggia sono condannati all’irrilevanza» che è peggio della morte improvvisa: «Chiedo che tutto il tessuto economico e imprenditoriale veneto alzi la voce insieme a noi, perché la portualità di riferimento per la nostra Regione non sia abbandonata in questo modo, e chiedo che anche il presidente Luca Zaia e l’assessore Elisa De Berti facciano sentire la loro voce a Roma, su questi temi e anche sulla ventilata idea di scegliere solo Genova e Trieste come porti di riferimento italiani per i traffici extra mediterraneo - è l’appello di Salvaro -: condividono questa impostazione o vogliono davvero difendere la nostra portualità insieme a noi?».
L’imposizione di Roma, tra l’altro, arriva dopo che a febbraio dell’anno scorso, prima di procedere all’autorizzazione definitiva agli scavi, il provveditore interregionale alle opere pubbliche, Cinzia Zincone, saggiamente aveva inviato a Roma una richiesta proprio per sapere se l’operazione sarebbe dovuta passare per la Via nazionale o regionale.
Il Gazzettino