MESTRE - Creavano società ad hoc intestate a prestanome o arruolavano aziende decotte, che poi venivano fatte fallire, con l'unico obiettivo di emettere fatture per...
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IL GIRO
Dai riscontri delle Fiamme gialle sarebbero state ricostruite operazioni inesistenti, con emissione di false fatture, per circa 11.340.000 euro. E venerdì scorso è stato eseguito il provvedimento della gip lagunare Maria Luisa Materia che ha disposto il sequestro preventivo di beni e immobili per un totale di 3 milioni e 189.721 euro. La maggior parte dei valori sottratti alla disponibilità dei proprietari sono terreni, appartamenti, negozi, ubicati tra Mestre, Spinea, Santa Maria di Sala, Chieti, Altino e L'Aquila. Ma ci sono anche oggetti di lusso e auto, compresa una Cinquecento da ventimila euro pronta per la consegna e bloccata in concessionaria, acquistata per la moglie di uno dei commercialisti denunciati.
L'OPERAZIONE
L'operazione è stata portata a termine grazie a una complessa indagine di polizia giudiziaria, scattata a seguito di un accertamento fiscale condotto alle fine del 2016 dai finanzieri della Tenenza di Caorle a carico di una impresa di pompe funebri nel frattempo fallita. È in questa sede che comincia a delinearsi il contesto, poi definito grazie all'apporto dei colleghi del Nucleo Pef provinciale, guidato dal tenente colonnello Antonio Luciani e dal capitano Antonio Dello Preite, della frode finalizzata a evadere il fisco e che, secondo l'accusa, sarebbe stata ideata dallo Studio Negro. Come detto sono 15 le persone iscritte nel registro degli indagati: oltre ai tre commercialisti, un altro professionista di Martellago, 9 teste di legno e due utilizzatori di fatture false residenti nel veneziano e nelle province di Pescara, Chieti, L'Aquila, Treviso e Ravenna. Nel sistema fraudolento coinvolte anche 11 aziende con sede legale a Venezia, Scorzé, Caorle, Mira, Roma, Pescara e Vasto. Regista indiscusso, secondo l'accusa, sarebbe lo stesso Igino Negro: con il supporto di suoi collaboratori e di altri studi di consulenza a lui riconducibili, avrebbe ideato il metodo per produrre ingenti crediti Iva fittizi da offrire a soggetti economici per compensare le imposte effettivamente dovute. Le cartiere, una volta esaurita la loro ragion essere, venivano spogliate dei beni strumentali o dai crediti maturati, e cedute a prestanome o trasferite in altre regioni e, in un caso, anche in Francia, al fine di ostacolare eventuali controlli dell'Amministrazione finanziaria.
LE PERQUISIZIONI
Risalgono all'estate scorsa le perquisizioni nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro degli indagati che hanno avuto come risultato l'acquisizione di copiosa documentazione cartacea e informatica che avrebbe confermato in modo dettagliato le ipotesi investigative. Ed è sulla base di tali riscontri finali che la Procura di Venezia ha richiesto il sequestro per equivalente di poco più di 3 milioni di euro che ha comportato anche il blocco di conti correnti e di quote societarie.
Monica Andolfatto
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Il Gazzettino