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CORTINA D’AMPEZZO - Si difenderanno in aula i tre imputati per il presunto abuso edilizio dell’hotel Ampezzo di Cortina. Ieri il gup del Tribunale di Bellunio, Elisabetta Scolozzi, ha rinviato a giudizio Silvia Balzan (avvocato Michele Godina), l’allora responsabile dell’ufficio edilizio del Comune di Cortina accusata anche di abuso d’ufficio, l’architetto cadorino Lucio Boni (avvocati Stefano Zallot e Gianluca Sgaravato) e il committente proprietario, ossia l’investitore russo Andrey Alexandrovich Toporov della società Lajadira (difeso da Bruno Barel ed Elisa Pollesel). Il processo inizierà il 7 giugno di fronte al tribunale in composizione collegiale e tutto lascia intendere che ci sarà battaglia tra accusa e difesa. D’altronde già c’è stata la guerra sui sigilli, con un ricorsi fino in cassazione. Il cantiere è ancora sotto sequestro, ma non tutte le speranze sono perdute: l’albergo potrebbe vedere la luce prima delle Olimpiadi. È notizia di queste ore infatti che la proprietà ha presentato richiesta per un nuovo titolo edilizio al Comune di Cortina, una pratica attualmente in corso di definizione che potrebbe sfociare in un nuovo permesso a costruire. In quel caso il cantiere tornerebbe in attività.
LE ACCUSE
«In quella zona si poteva realizzare un restauro conservativo ma non una demolizione», diceva il giudice nel sequestro preventivo.
LA STORIA
Il caso scoppiò in piena pandemia nel 2020 quando vennero messi i sigilli al cantiere. L’hotel Ampezzo risale al 1800 quando era una casa, fu albergo dal 1923. Fu per anni di proprietà della famiglia ampezzana Voegelin. Poi viene ceduto prima a una società di Roma e poi alla società Hb e dopo il fallimento di questa arriva a Lajadira dell’investitore russo che prosegue con il progetto di ristrutturazione avviato anni prima.
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Il Gazzettino