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Una volta erano le “private” e le “frasche” dove si mangiavano uova sode, vino e a volte qualche dolce. In casi particolari poteva anche esserci la salsiccia o un piatto di pasta. Oggi che siamo (o crediamo di essere) tutti più raffinati si chiamano home restaurant. Il succo, però, è più mo meno lo stesso: abitazioni private che aprono la cucina e la sala da pranzo e fanno da mangiare per amici o anche per persone sconosciute. A pagamento. C’è però un problema. Non esiste una norma precisa che regoli il fenomeno, l’attività non può essere continuativa e i guadagni, non essendo necessaria la partita Iva non devono superare i 5mila euro l’anno. Ora non sarà più cosi.
LA LEGGE
Il Friuli Venezia Giulia, dopo Liguria e Marche, sarà infatti, la terza regione italiana a normare gli home restaurant. Sarà fatto con la legge che ieri ha concluso l’iter in commissione e a febbraio sarà al voto in consiglio. Due le forme che saranno normate: home food, attività di produzione di alimenti realizzati in case private e destinati alla vendita al dettaglio in una cucina domestica e l’home restaurant, attività caratterizzata dalla somministrazione di alimenti e bevande nella propria abitazione o comunque in locali adibiti principalmente ad abitazione privata.
SENZA REGOLE
«Nel decreto legge - spiega l’assessore Emidio Bini - vengono inserite le rispettive definizioni, del tutto innovative nel panorama delle norme regionale di settore.
COSA CAMBIA
«Il fatto di inserire le due definizioni nel ddl – spiega l’assessore Bini - permetterà alle attività di iscriversi al registro delle imprese come home restaurant o home food e conseguentemente permetterà di svolgere i controlli adeguati, soprattutto in ambito sanitario. L’auspicio è che il Governo possa normare al più presto questa nuova fattispecie, nel frattempo, nel ddl che verrà discusso in aula tra la fine di gennaio e inizio febbraio, la Regione si è limitata a inserire una definizione di queste nuove attività. Non come esercizi pubblici, ma sulla base di circolari ministeriali e della prassi: è un primo passo per dare loro dignità. Quando ci sarà la modifica sostanziale del testo unico sul commercio, con tutta probabilità nella prossima legislatura - conclude Bini - , si provvederà, dopo il passaggio definitorio, a quello normativo». In pratica serviranno i decreti attuativi prima di dare il via libera definitivo. ma è solo questione di tempo.
COME FUNZIONA
L’home restaurant è la possibilità offerta a chiunque ami stare ai fornelli di trasformare la propria casa e la propria cucina in un ristorante occasionalmente aperto anche per perfetti sconosciuti (viaggiatori soprattutto) che avranno la possibilità di sperimentare la cucina originale dei luoghi frequentati abitualmente o in occasione di un viaggio. Aprire un home restaurant, pur senza regole nazionali, è facile, anche se si corrono i rischi di ispezioni e di multe severe visto che non esistono regole. Intanto non serve registrarsi alla Camera di Commercio, ma è sufficiente un piano di controllo redatto su misura. Il resto poi sono soltanto requisiti che devono essere soddisfatti; ad esempio l’attività lavorativa non si può svolgere in maniera continuativa ma solamente saltuaria, non è possibile ospitare all’interno della casa altre attività ricettive come ad esempio un B&B e un altro obbligo fondamentale è legato al guadagno. Essendo attività in cui non è richiesta la Partita Iva il massimo che si può fatturare è 5000 euro.
LE RESTRIZIONI
In un ristorante casalingo inoltre non si possono ospitare più di 10 coperti, né è possibile fare più di 500 coperti all’anno. Con la normativa regionale, anche se il passaggio non sarà immediato, tutte queste limitazioni cascheranno. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino