Home restaurant in Friuli Venezia Giulia, introdotta una norma regionale per la cucina privata. Ecco come funziona

Mercoledì 18 Gennaio 2023 di Loris Del Frate
Home restaurant in Friuli Venezia Giulia, introdotta una norma regionale per la cucina privata. Ecco come funziona

Una volta erano le “private” e le “frasche” dove si mangiavano uova sode, vino e a volte qualche dolce. In casi particolari poteva anche esserci la salsiccia o un piatto di pasta. Oggi che siamo (o crediamo di essere) tutti più raffinati si chiamano home restaurant. Il succo, però, è più mo meno lo stesso: abitazioni private che aprono la cucina e la sala da pranzo e fanno da mangiare per amici o anche per persone sconosciute. A pagamento.

C’è però un problema. Non esiste una norma precisa che regoli il fenomeno, l’attività non può essere continuativa e i guadagni, non essendo necessaria la partita Iva non devono superare i 5mila euro l’anno. Ora non sarà più cosi.


LA LEGGE
Il Friuli Venezia Giulia, dopo Liguria e Marche, sarà infatti, la terza regione italiana a normare gli home restaurant. Sarà fatto con la legge che ieri ha concluso l’iter in commissione e a febbraio sarà al voto in consiglio. Due le forme che saranno normate: home food, attività di produzione di alimenti realizzati in case private e destinati alla vendita al dettaglio in una cucina domestica e l’home restaurant, attività caratterizzata dalla somministrazione di alimenti e bevande nella propria abitazione o comunque in locali adibiti principalmente ad abitazione privata. 


SENZA REGOLE
«Nel decreto legge - spiega l’assessore Emidio Bini - vengono inserite le rispettive definizioni, del tutto innovative nel panorama delle norme regionale di settore. Nel concreto - va avanti - la differenza tra home food e home restaurant consiste nel servire a clienti nella propria abitazione oppure preparare gli alimenti e consegnarli per il consumo nelle abitazioni dei clienti stessi. In entrambi i casi - continua Bini -, si tratta di pratiche che si stanno diffondendo, senza che siano ancora state normate dalla legislazione nazionale. Per questo motivo, ad oggi, non esiste alcun censimento del fenomeno in Regione. Una norma era richiesta sia dalle amministrazioni comunali sia dalle associazioni di categoria, per combattere l’abusivismo».


COSA CAMBIA
«Il fatto di inserire le due definizioni nel ddl – spiega l’assessore Bini - permetterà alle attività di iscriversi al registro delle imprese come home restaurant o home food e conseguentemente permetterà di svolgere i controlli adeguati, soprattutto in ambito sanitario. L’auspicio è che il Governo possa normare al più presto questa nuova fattispecie, nel frattempo, nel ddl che verrà discusso in aula tra la fine di gennaio e inizio febbraio, la Regione si è limitata a inserire una definizione di queste nuove attività. Non come esercizi pubblici, ma sulla base di circolari ministeriali e della prassi: è un primo passo per dare loro dignità. Quando ci sarà la modifica sostanziale del testo unico sul commercio, con tutta probabilità nella prossima legislatura - conclude Bini - , si provvederà, dopo il passaggio definitorio, a quello normativo». In pratica serviranno i decreti attuativi prima di dare il via libera definitivo. ma è solo questione di tempo.


COME FUNZIONA
L’home restaurant è la possibilità offerta a chiunque ami stare ai fornelli di trasformare la propria casa e la propria cucina in un ristorante occasionalmente aperto anche per perfetti sconosciuti (viaggiatori soprattutto) che avranno la possibilità di sperimentare la cucina originale dei luoghi frequentati abitualmente o in occasione di un viaggio. Aprire un home restaurant, pur senza regole nazionali, è facile, anche se si corrono i rischi di ispezioni e di multe severe visto che non esistono regole. Intanto non serve registrarsi alla Camera di Commercio, ma è sufficiente un piano di controllo redatto su misura. Il resto poi sono soltanto requisiti che devono essere soddisfatti; ad esempio l’attività lavorativa non si può svolgere in maniera continuativa ma solamente saltuaria, non è possibile ospitare all’interno della casa altre attività ricettive come ad esempio un B&B e un altro obbligo fondamentale è legato al guadagno. Essendo attività in cui non è richiesta la Partita Iva il massimo che si può fatturare è 5000 euro.


LE RESTRIZIONI
In un ristorante casalingo inoltre non si possono ospitare più di 10 coperti, né è possibile fare più di 500 coperti all’anno. Con la normativa regionale, anche se il passaggio non sarà immediato, tutte queste limitazioni cascheranno.

Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 13:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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