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La guerra conclamata tra Russia e Ucraina, iniziata con l’invasione dei territori del Donbass da parte dell’esercito di Vladimir Putin, ha una data: il 24 marzo del 2022, giorno in cui i carri armati con la “Zeta” hanno superato il confine dando il via all’aggressione. Un riferimento temporale piazzato al centro del primo trimestre economico dell’anno scorso. «L’export friulano in Russia morirà», si disse allora. E invece non è stato così. Anzi, ci sono settori che dopo lo sconvolgimento geopolitico innescato dal conflitto e dalle sanzioni occidentali verso la Russia ci hanno addirittura guadagnato. E neppure poco, al punto da far parlare di impennata. Un esempio? Le macchine per la formatura dei metalli. Nel primo trimestre di quest’anno il balzo è stato del 753 per cento. Mostruoso.
I NUMERI
Le esportazioni del Friuli Venezia Giulia verso la Russia hanno subito pesanti battute d’arresto nelle branche dell’economia interessate direttamente dalle sanzioni.
I GIGANTI
Da dove partono i carichi che raggiungono - senza sanzioni - la Russia di Putin? Principalmente dalla provincia di Udine. Un esempio? I macchinari per la formatura dei metalli. Tra Pordenone e Trieste non si arriva al milione di euro, mentre solo a Udine si raggiungono i 3,5 milioni di giro d’affari. Stesso dato, poi, anche per la voce “altre macchine”. Pordenone guida la classifica dei mobili (seppur in forte calo) e delle macchine per l’agricoltura, con un giro d’affari vicino ai 5 milioni di euro.
IL CONTRACCOLPO
C’è chi ci ha guadagnato dalla situazione internazionale sempre più tesa? Sicuramente sì, lo dicono i numeri. Le sanzioni però hanno colpito altri settori. E duramente. Ad esempio il mobile, che dallo scoppio della guerra ha perso incassi per un milione e mezzo di euro. In generale l’export friulano ha perso l’8,8 per cento, pari a 3,5 milioni di euro. Nessun crollo, grazie ai settori che in Russia ci sono ancora dentro. Mani e piedi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino