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TORRE DI MOSTO (VENEZIA) - Le istituzioni, a ogni livello, stanno cercando soluzioni per arginare la proliferazione del granchio blu nelle acque dell'Alto Adriatico. Quella del Callinectes sapidus sta diventando, infatti, una specie altamente invasiva che sta distruggendo il fragile ecosistema di laguna e fiumi. Nei giorni scorsi lo stesso ministro all'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, aveva accolto l'allarme degli operatori del comparto ittico che, a Chioggia, gli avevano mostrato i danni causati dal crostaceo a reti e vivai di molluschi. «Trasformiamo una criticità in un'opportunità aveva detto il ministro. Se c'è consumo e commercio c'è una filiera che si attiva naturalmente». Della stessa idea è anche l'assessore regionale al turismo e all'agricoltura Federico Caner che intervenendo a proposito del nuovo "killer" dei mari ha sottolineato quanto possa essere una soluzione valida «trasformare la pesca del granchio blu a scopo culinario: un'arma a nostra disposizione per limitare danni di settore che oggi è difficile quantificare». Intanto, però, i pescatori e i ristoratori della Livenza lamentano la mancanza di attenzione da parte delle istituzioni, sorde alle loro grida di aiuto lanciate ormai da anni.
Confraternite unite per mangiare il granchio blu
Proprio sabato, a Boccafossa, nel territorio di Torre di Mosto, la confraternita del Bisat del Livenza e la confraternita del Folpo di Noventa Padovana, si sono riunite per fondare la nuova confraternita del Granchio blu. Lo scopo? Incentivare la pesca e il consumo di questa specie attraverso la creazione di ricette semplici per valorizzare la pietanza. «Da 3 anni la comunità Slowfood dei pescatori e ristoratori della Livenza discute del crostaceo proveniente dal Maryland, lanciando l'allarme a tutte le istituzioni del territorio senza grandi risposte commentano dalla confraternita. Addirittura dal 2020 i ristoratori della Livenza propogono il granchio blu nella rassegna gastronomica Bisat in Tavola, che si tiene tra giugno e novembre.
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Il Gazzettino