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MEGLIADINO SAN VITALE - Una bara semplice in legno chiaro, una corona di fiori deposta da zie e cugini e la bandiera del suo Milan: così il feretro di Giulio Santi ha lasciato la chiesa di S. Vitale al termine delle esequie ieri mattina, 3 giugno. Il 27enne è morto domenica notte in un tragico incidente d'auto, finendo nel fosso con la sua Punto dopo una serata trascorsa con un amico. Le dinamiche del fatto devono essere accertate, ma al bar della piazza ancora si chiedono come mai non ci fossero tracce di frenata sull'asfalto: Giulio si è schiantato senza alcun segno di reazione. Una distrazione o un malore?
IN PUNTA DI PIEDI
Se ne è andato in punta di piedi, così come era vissuto, quel ragazzo gentile e riservato che una vecchia compagna di classe ha definito - con un gioco di parole non voluto - «il santo della classe», quello «che non parlava mai». Un silenzio a cui, secondo le parole di don Sandro, non sempre è corrisposta empatia da parte della comunità: «Non lo chiedo per accusarci, ma per imparare qualcosa. Abbiamo davvero ascoltato il grido silenzioso di dolore di Giulio? Ora lui ci sta sentendo e ci lascia a questa responsabilità». In chiesa c'erano circa 150 persone, suddivise tra compaesani e ragazzi che, per un motivo o per l'altro, erano entrate in contatto con Giulio durante la sua breve vita. Tra loro, un gruppetto di ex compagni dell'Itis Euganeo di Este, a cui il ragazzo non aveva neanche raccontato della malattia e della morte della madre.
L'OMELIA
Ad officiare c'erano don Silvio - che aveva visto Giulio crescere - e don Sandro, le cui parole hanno scosso le coscienze offrendo al contempo un po' di conforto. «Siamo qui per aprire una speranza dentro la disperazione - ha esordito - E imparare qualcosa dal grande dono della vita». Dal Vangelo di Luca, è stato letto il brano in cui Gesù resuscita il giovane morto di Nain, in Galilea, figlio unico di una madre vedova. Per don Sandro, «la tragedia di oggi è ancora più grande di quella del Vangelo, perché una famiglia è completamente scomparsa e ogni parola sembra inutile. Mi colpisce Gesù, che prova compassione per una donna che soffre con dignità. Decide di fermarsi, di fare spazio al dolore di quella madre e tocca la bara del ragazzo. Quando saluteremo Giulio, vi chiedo di fare lo stesso e toccare la sua bara». Il parroco ha poi invitato i giovani a vivere appieno la vita, ad apprezzare il divertimento, ma lavorare per «costruire relazioni vere e fare comunità, perché dove c'è comunità ci si prende carico delle sofferenze degli altri. Nella vita, vince chi ha più empatia». La vicenda di Giulio insegna che «non si può scappare di fronte alla sofferenza. Le tragedie umane vanno vissute insieme, perché un dolore condiviso è un dolore dimezzato». Un principio che il giovane di S. Vitale faticava a interiorizzare: non chiedeva aiuto e faceva tutto da sé, a partire dai piccoli lavori di casa. Conclude don Sandro: «Mi piace pensare che Giulio potrà ora esprimere tutte le potenzialità e i doni che Dio gli aveva dato. Grazie Giulio per averti avuto, anche se poco, in mezzo a noi».
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