Giornata della memoria, il rabbino di Venezia: "adottiamo" una vittima

Shalom Bahbout
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VENEZIA - «Il mondo occidentale, che era rimasto indifferente di fronte alla Shoah, deve trovare la strada perché questa giornata non sia una mera commemorazione, ma la memoria sia presente ogni giorno. E sarebbe bello che ognuno di noi "adottasse" una delle persone che oggi ricordiamo». Lo ha detto il rabbino capo di Venezia, Shalom Bahbout, in occasione della cerimonia in Ghetto, davanti al monumento che riporta i nomi degli ebrei veneziani deportati nei campi di sterminio nazisti, per giornata della memoria, alla presenza del governatore veneto Luca Zaia e di rappresentanti del consiglio regionale. «Il discorso del rabbino - ha detto Zaia, che ha fatto un richiamo alla necessità di non dimenticare e di non abbassare la guardia rispetto al pericolo di chi vuole negare l'olocausto - mi ha illuminato: dobbiamo adottare la storia di queste persone, ognuna delle quali ha un nome e un cognome. E questo, dove abbiamo posato la corona, non è quindi un semplice monumento, ma qualcosa di più».


Bahbout ha ricordato che nella tradizione ebraica un precetto si conclude con "non dimenticare": «Anche se - ha aggiunto -, per poter continuare a vivere, ogni persona deve dimenticare tanti dolori, ce ne sono tanti che non si devono dimenticare, segno indelebile nella coscienza, che diventa patrimonio della comunità. Ognuna di queste persone - ha aggiunto, in riferimento al monumento in ricordo degli ebrei veneziani deportati nei campi di sterminio nazisti - ha un nome e le vittime non si possono lasciare nell'anonimato, pur continuando a vivere, per dare un senso a noi che ci siamo salvati. Aver trasferito il ricordo di eventi tragici sul piano rituale, addirittura in una preghiera, ne ha garantito la memoria. Ma la tradizione insegna che ricordare anche il bene ricevuto è altrettanto importante: bisogna trasmettere anche questo ricordo, per indicare coloro dai quali prendere esempio, e cioè le persone semplici che aiutano chi è nel bisogno».


Alla cerimonia è intervenuta anche la classe quinta dell'istituto primario Berna di Mestre, con alcuni bambini che sono stati coinvolti nell'accensione delle candele e a cui Zaia ha donato la sua kippah «perché sia elemento per parlare in classe della Shoah». «Mi fa piacere - ha detto Zaia - che ci siano questi ragazzi. Noi, come Regione, riteniamo un dovere essere presenti in questa giornata, per portare ogni anno la testimonianza della vicinanza del popolo veneto alla comunità ebraica. Siamo qui anche per ribadire che il vero problema non è solo il non ricordo, ma il negazionismo, che anche oggi continua a far passare in rete certi concetti». «La comunità ebraica - ha commentato il presidente Paolo Gnignati - è una componente ormai tradizionalmente assestata in Veneto. Ha ragione il rabbino quando dice che dobbiamo ricordare anche il bene, perché c'è sempre la possibilità di fare il bene, anche nei momenti più duri, facendo un passo indietro e sottraendosi a certe logiche. Onoriamo questi nomi, preserviamoli singolarmente, consci che bisogna prevenire, ragionando con la nostra testa e la nostra coscienza e soprattutto sapendo prendere certe decisioni, per difficili che siano». «La lezione della shoah - ha detto il vicepresidente del Consiglio regionale, Bruno Pigozzo - non è bastata, perché gli stermini non si sono certo arrestati e anche oggi si continua a morire. Siamo quindi qui ad esprimere il dolore e lo sconcerto per l'atroce sterminio non solo degli ebrei, ma di tutti quelli che la dottrina nazista ha ritenuto indesiderabili».
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Il Gazzettino