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Operazione utilissima quella di Marsilio di ristampare dopo cento anni le più che utili "Memorie inutili" di Carlo Gozzi, opera fondamentale per proiettare un raggio di luce sul Settecento veneziano. Il racconto di Gozzi sta accanto alle "Memorie" di Carlo Goldoni e alla "Storia della mia vita" di Giacomo Casanova come fonte per approfondire un secolo, il XVIII, che pensiamo di conoscere e che invece ci offre continue sorprese. Al contrario degli scritti di Goldoni e Casanova, quello di Gozzi è stato pressoché assente dagli scaffali delle librerie per un secolo, se si esclude un'edizione critica del 2006. Prima di questo volume, dal prezzo decisamente non popolare e rivolto a un pubblico di studiosi, bisogna andare al 1923 e a un'edizione dell'Unione tipografica editrice torinese (in seguito Utet). Un secolo, tondo, quindi prima di arrivare al notevole lavoro appena uscito. Tra le altre cose, l'opera ci permette di scoprire che il maggior studioso contemporaneo di Gozzi è un critico letterario svizzero, Fabio Soldini, ora pensionato, a lungo insegnante di italiano al liceo cantonale di Lugano.
L'IMBARCO
Il libro di Gozzi ci fornisce importanti spaccati di vita settecentesca. Per esempio offre una rara testimonianze della vita a bordo di una galea. Nel 1740 il futuro commediografo deve aggregarsi alla cavalleria veneziana di stanza nella caserma di Zara. Per raggiungere la città dalmata si fa dare un passaggio a bordo della bastarda del nuovo Provveditore generale di Dalmazia, Girolamo Querini, che sta andando a rilevare il suo predecessore. Si imbarca a Malamocco e rimane a bordo due giorni e due notti prima che giunga il Provveditore e l'unità salpi gli ormeggi. Lì ha modo di «commiserare l'umanità sopra forse trecento scellerati carichi di catene, condannati a vivere nel mezzo a una dovizia di miserie e di tormenti, tutti per sé bastanti a far morire. Un'epidemia pietosa di febbri maligne, introdotta sulla galera, ne involava ogni giorno parecchi all'acqua, al biscotto, alla dieta, a' ferri degli aguzzini; e, accompagnati dalla voce tuonante di un francescano arsiccio e nero e sempre gioviale, volavano credo, al paradiso». D'altra parte gli capita anche di calpestare inavvertitamente il cadavere di un forzato che era stato messo nel vano di prora in attesa di sbarcarlo e seppellirlo nella prima tappa in Istria. Il quadretto che Gozzi ci fornisce è assai significativo. Intanto sottolinea il cambio di atteggiamento di Querini, che il giovane Carlo conosce benissimo: è stato più volte a casa sua e lo aveva sempre accolto amichevolmente «con quella affabilità e quella dolcezza confidenziale ch'è propria in quasi tutti i veneti patrizi».
DROGHE D'AMORE
Invece quando si imbarca con la veste, il cappello e le scarpe cremisi che contraddistinguono la sua carica, mantiene un atteggiamento sussiegoso e distaccato «con una fierezza nel volto notabile».
LA DAMA
La Dama (Caterina Dolfin Tron) «moglie arbitra del potente marito, femmina capricciosa che sollevata l'altr'ieri da un sudiciume par che affetti umiltà ed esercita immensa superbia» è il velenoso ritratto della donna. Nel frattempo la "Narrazione" non è ancora uscita nel gennaio 1779 si contendono il corno dogale Andrea Tron, capo della fazione conservatrice, e Paolo Renier, che in precedenza stava dalla stessa parte della barricata di Tron, ma che ora fa da punto di sutura tra i conservatori che appoggiano il Consiglio dei dieci e gli Inquisitori di stato, e i patrizi poveri che si riconoscono nelle Quarantie. I patrizi avversari di Tron ricordano quanto sia chiacchierata la moglie per via della vicenda Gratarol, in una sorta di asino che dice cornuto al bue, visto che Renier ha sposato un'acrobata circense. Però la concomitanza delle accuse lanciate da Gratarol e del compattarsi dei patrizi poveri con l'ala clericale del Maggior consiglio (Tron era stato uno dei fautori della soppressione dei gesuiti, nel 1773) fanno convergere i voti dei 41 grandi elettori sul nome di Paolo Renier. Carlo Gozzi, nobile, seppur non patrizio (era conte), nonché amico di Caterina Dolfin Tron, parteggia per Andrea Tron, come emerge dalle "Memorie inutili": nel suo libro illustra tutto il dipanarsi degli avvenimenti che hanno profondamente influenzato gli ultimi decenni del Settecento. L'edizione che Marsilio ha pubblicato riporta, opportunamente emendata dei refusi, l'edizione originale del 1797 (il manoscritto è conservato alla Marciana), assieme a una serie di manoscritti di preparazione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino