«Tutte le aziende dovevano pagare per poter lavorare: in alcuni casi si trattava di versamenti mensili, in altri di una tantum. E a Natale all'interno del cantiere, a...
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La carriera di Suhag è iniziata nel 2004 come semplice operaio: «Fui assunto in una delle società di Ali Mohammed, presidente della comunità del Bangladesh di Mestre, responsabile di Bensaldo e Sonda - ricorda - Nel 2012 furono due dirigenti di Fincantieri a propormi di costituire una società perché era arrivata la commessa per la Costa Diadema e non sapevano come fare: mi procurai i soldi necessari vendendo terreni di famiglia in Bangladesh e Venice Group partì con 7 dipendenti. Inizialmente a gestire l'azienda fu di fatto Ali Mohammed (imputato per estorsione in un altro processo, in corso di fronte al Tribunale, ndr): fu lui a dirmi fin da subito che bisognava pagare, chiedendomi di dargli 70 mila euro che sarebbero serviti ad acquistare regali per i dirigenti Fincantieri. Successivamente mi mostrò un orologio da 18mila euro comperato con quei soldi e, assieme, consegnammo un computer ad un dirigente. In occasione del primo Natale mi fu detto che sarebbe stato sufficiente ringraziare i dirigenti con una penna Monblanc e ne acquistai una decina, del valore compreso tra 400 e 700 euro l'una. Ma presi anche una trentina tra telefonini, tablet, orologi per tutti gli altri capi: alcuni segnavano su un bigliettino il modello preferito...»
«FINCANTIERI SAPEVA»
Poco per volta, nel corso degli anni la Venice Group è diventata la referente per gran parte dei lavori di carpenteria per conto di Fincantieri, sia a Marghera, sia nei vari cantieri in giro per l'Italia, dove Suhag ha operato in associazione temporanea con altre imprese, arrivando ad avere, nel 2017, ben 250 dipendenti. Tutti retribuiti con paga globale, ovvero un tanto all'ora, tutto compreso, senza straordinari, ferie, tfr: 5 euro all'ora agli ultimi arrivati, 8 euro ai più anziani, tutti costretti a turni notturni anche di 12 ore. «Fincantieri sapeva perfettamente cosa accadeva perché controllavano le ore di lavoro di ciascun operaio e noi depositavamo loro le buste paga».
«IL 10 PER CENTO IN MAZZETTE»
Nonostante i salari da sfruttamento, Suhag non è però riuscito a far quadrare i conti: «Ogni commessa mi veniva affidata ad un costo sottostimato: dicevano che bastavano cento ore quando alla prova dei fatti ne servivano dieci volte tante - racconta - Per ottenere un'integrazione era necessario pagare il dirigente responsabile, ma anche così si lavorava in perdita in quanto non venivano mai riconosciute le ore di lavoro effettivamente necessarie: alla fine, quando ho chiuso dopo l'arresto, ho quantificato oltre 700mila ore di lavoro non pagate, per una perdita di circa 20 milioni di euro. Un centinaio di operai aspettano ancora di essere retribuiti (così come Inps e Inail), ma se Fincantieri non paga non c'è soluzione».
Alle Fiamme Gialle l'imprenditore ha spiegato di aver speso oltre 100mila euro, sia nel 2016 che nel 2017, per i regali di Natale a dirigenti e funzionari. «Tutte le aziende erano costrette a pagare e a fare costosi regali: me l'hanno confidato molti dei titolari. Il 10 per cento dell'ammontare dei lavori andava in mazzette».
«FINANZA E GIUDICI CON NOI»
A detta di Suhag, in Fincantieri non temevano nulla: «Di fronte alle mie proteste uno dei dirigenti mi disse: Abbiamo dalla nostra Finanza e giudici. Ma quando nell'autunno del 2018 si seppe dell'inchiesta, temevano che li registrassi: mi facevano togliere la giacca e controllavano che non avessi il cellulare quando andavo a parlare con loro. Un dirigente mi chiese di farmi da parte per un po', con la promessa che, dopo sei mesi, sarei rientrato in qualche modo. Io rifiutai. Poi sono stato arrestato. Ora racconto tutto ciò che so, senza paura, ma mia moglie non dorme la notte, preoccupata per i nostri tre bambini».
Le confessioni di Suhag e quelle del suo consulente del lavoro, Angelo Di Corrado (ai domiciliari), sono al vaglio degli inquirenti, alla ricerca di riscontri e conferme.
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Il Gazzettino