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VERONA - Nell’interrogatorio di garanzia si sono confrontate l’accusa e la difesa, pur senza un vero e proprio contraddittorio visto il ricorso alla facoltà di non rispondere da parte di Filippo Turetta. Ma nel momento in cui l’inchiesta sfocerà nel processo, la famiglia di Giulia Cecchettin ne farà parte a pieno titolo costituendosi come parte civile, anche se già ora i congiunti della 22enne intendono far valere il loro ruolo di persone offese dal delitto. Così i loro difensori ipotizzano un’altra possibile aggravante da ergastolo al reato di omicidio volontario (e sequestro di persona): oltre alla premeditazione, attualmente al vaglio della Procura di Venezia, pure lo stalking.
IL COMPORTAMENTO
Dalla casa di Vigonovo è trapelata una certa freddezza, intorno ai Cecchettin, nei confronti delle notizie provenienti dal carcere di Montorio Veronese. «Che fosse stato lui, lo avevamo capito subito: ne prendiamo atto, ma lo sapevamo», ha affermato l’avvocato Stefano Tigani, riferendosi all’ammissione di responsabilità resa da Turetta attraverso le sue dichiarazioni spontanee. Del resto è chiaro che la partita giudiziaria non verrà giocata sul terreno del “chi”, bensì del “come”, del “dove”, del “quando” e del “perché”, tutti interrogativi a cui dovranno essere date le risposte necessarie a qualificare il delitto e a quantificarne la pena.
IL CELLULARE
A proposito dei messaggi, durante il programma “Pomeriggio Cinque” la giornalista Grazia Longo ha rivelato che il cellulare della vittima sarebbe stato recuperato nella Fiat Grande Punto dell’assassino, ancora sotto sequestro in Germania ma destinata alle analisi del Ris di Parma: «È stato ritrovato, perché ho verificato prima di venire qua, ho fatto una telefonata e mi hanno detto che il telefonino di Giulia era nell’automobile e quindi rientrerà in Italia». In attesa dei riscontri, l’associazione Sbarre di Zucchero invita a tenere alta l’attenzione sulla casa circondariale di Montorio Veronese. «Il detenuto – ha rimarcato la co-fondatrice e vicepresidente Micaela Tosato – rimane un portatore di diritti. Turetta ha sbagliato, ma questo non lo annulla come persona. Mi auguro per lui che la direzione del carcere valuti bene il suo spostamento nel reparto “protetti”, una parola che stona con i tre suicidi avvenuti nel giro di tre mesi».
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Il Gazzettino