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PADOVA - Non la volontà di “contestare la veridicità del rapporto di filiazione (che sarebbe oggetto dell’azione di cui all’articolo 263 codice civile), ma unicamente la mera legittimità di tale atto”, cioè l’iscrizione all’anagrafe del Comune di Padova dei bambini figli di due mamme, quella biologica e quella di interesse. In sostanza è per rimettere le cose a posto da un punto di vista formale che il ministero dell’Interno e la Procura generale del Veneto hanno fatto reclamo contro il via libera dato a inizio marzo dal Tribunale di Padova. Nei 37 reclami, che verranno discussi in una maxi udienza in Corte d’appello civile, a Venezia, il 10 giugno, i ricorrenti chiedono che la Corte ritenga ammissibile l’impugnazione delle iscrizioni all’anagrafe fatta a giugno 2022 dalla Procura di Padova. E, quindi, disponga “la rettificazione” dell’atto. Anche perché la posizione della Procura di Padova “non dà origine a una controversia” sullo stato del figlio.
Ricorso del Ministero, cosa dice
Il reclamo che ha portato in secondo grado la questione è costruito in punta di diritto e rievoca alla Corte veneziana quanto accaduto a Milano con il primo grado di giudizio che - come a Padova - ha dato ragione alle mamme arcobaleno, salvo poi accogliere le ragioni del Viminale in appello. “Deve ammettersi - si legge nel reclamo - che, in base all’ordinamento giuridico vigente, l’Ufficiale di stato civile del Comune di Padova non poteva validamente formare l’atto di nascita in questione (...). Al riguardo sarà sufficiente porre mente al fatto che - come si evince dalla sua lettura contestuale - anche la legge 40 del 2004 impone la diversità di sesso dei genitori del bimbo procreato attraverso procreazione medicalmente assistita. In particolare, deve evidenziarsi che l’articolo 5 afferma che possono accedere alle tecniche di procreazione medica assistita (Pma) coppie di maggiorenni di sesso diverso: limite che per espressa volontà e decisione della Consulta è rimasto anche quando è caduto il divieto di fecondazione eterologa”. Per poi continuare sul punto: “All’articolo 12, rubricato "divieti generali e sanzioni", esplicitamente si vieta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita per coppie dello stesso sesso, prevedendo, per la sua violazione, una sanzione amministrativa di elevatissimo importo”, continuano i legali del ministero retto da Matteo Piantedosi.
Il Gazzettino