«Mi guardi. Sto tremando come una foglia. Dopo tanto tempo è finita. Quanto mi è costata questa vicenda? Non faccio più il mio lavoro, questa è...
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LA FINE DI UN INCUBO
Per il professionista, difeso dall’avvocato Anna Casciarri (studio Paniz), è quindi arrivata una nuova sentenza d’assoluzione. Un tassello che si aggiunge a una vicenda giudiziaria estremamente complessa e altrettanto dilatata nel tempo. La scorsa estate la Cassazione aveva cancellato l’unica condanna inflitta nel 2014 dal tribunale di Belluno.
L’ACCUSA
Ieri sul tavolo del Collegio c’era il filone principale, quello che passa attraverso la truffa aggravata, il peculato, il falso, l’abuso d’ufficio. Fino ad arrivare alla turbativa d’asta per l’incarico per la realizzazione del Centro Piero Rossi. A gennaio del 2017 era stato lui a spiegare in aula come erano andate le cose su quei rimborsi e su quei volumi. «Mi chiamavano e andavo in veste di direttore del Parco. Perché avrebbero dovuto chiamarmi altrimenti?» aveva chiarito relativamente alla contestazione sui rimborsi delle 76 trasferte nazionali e internazionali. «Portavo a casa le macchinette nei fine settimana perché scattavo foto per il parco usando obiettivi di mia proprietà» aveva invece chiarito per quanto riguardava l’accusa di aver speso soldi pubblici per l’acquisto di macchine fotografiche con cui avrebbe scattato anche foto private. Altre domande erano arrivate sull’acquisto di un libro che in qualità di direttore del Parco Dolomiti si acquisto in 500 copie «Non c’è alcun diritto d’autore». Risposte che evidentemente il collegio giudicante ha ritenuto non solo pertinenti ma anche fondate.
L’ULTIMO CAPITOLO
Martino in questi anni ha subito una serie di procedimenti penali per dei presunti “rimborsi fasulli”, per i quali l’ente parco gli chiedeva la restituzione di 100 mila euro. Per l’assegnazione della cartellonistica era invece accusato di turbativa d’asta: condanna confermata in appello e appunto ribaltata in Cassazione. Assoluzione definitiva che si affianca a quella del “Martino ter”, pronunciata con formula piena già in primo grado per il presunto abuso d’ufficio per una guida realizzata dall’ex direttore nel 2009. Ieri è crollata anche la montagna di carte relativa al filone principale quello per cui il pm Marco Faion aveva chiesto, per l’ex direttore del Parco nazionale delle Dolomiti, una condanna a quattro anni e sei mesi con le attenuanti generiche. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino