VENEZIA - Alla luce dell'ultimo Dpcm 26 aprile 2020, e sulla base del codice Ateco prevalente, altre 180.000 imprese venete ieri hanno potuto riaprire i cancelli. Più...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
I settori di attività ancora al palo sono diversi. Il commercio al dettaglio non alimentare: come noto, una parte di attività è autorizzata (farmacie, prodotti igienico-sanitari, tabacchi, ferramenta, prodotti Ict e materiale elettrico, abbigliamento per bimbi, librerie, cartolerie, fiori), ma la parte non in attività (in particolare tutta la moda, ma non solo) obbliga ancora alla chiusura 33.000 tra sedi d'impresa e unità locali, cui fanno riferimento quasi 70.000 addetti (fra dipendenti e indipendenti: sono da tenere insieme entrambe le categorie pensando ai piccoli negozi dove operano i famigliari del titolare). L'alloggio e la ristorazione: al netto degli alberghi e dei servizi di ristorazione da asporto, restano ancora in lockdown circa 30.000 imprese e filiali, cui fanno riferimento oltre 134.000 fra addetti dipendenti e indipendenti. La stima presenta alcune criticità per più motivi: non si conosce quanti bar e ristoranti si sono organizzati per il servizio di asporto; inoltre, per prudenza, sono stati ancora conteggiati come fermi i servizi mensa e catering (muovono 12.000 addetti), non potendo verificare, a tavolino, se soddisfano le condizioni operative poste dal decreto. Infine, una buona parte dei servizi alla persona: oltre 21.000 imprese ancora in lockdown, per un totale di 52.000 addetti.
Il presidente di Unioncamere del Veneto, Mario Pozza, commenta così i dati: «E' evidente che turismo, ristorazione e alcuni settori come commercio, parrucchieri ed estetiste rimangono chiusi e questo non può che creare grande preoccupazione, ma ci auguriamo che l'apertura sia solo questione di tempo, altrimenti rischiamo di lasciare sul campo molte attività, il che significa lavoratori e famiglie che non riescono a sbarcare il lunario. Le proteste di questi giorni nei piccoli e grandi centri non sono una semplice lamentela, ma un grido d'allarme di chi non vuole tenere le serrande abbassate per sempre. E se non diamo loro l'opportunità di lavorare questa protesta rischia di trasformarsi nei prossimi mesi in un vera e propria bomba sociale». Il Presidente ha sottolineato, però, l'importanza della riapertura di diverse aziende: «La movimentazione sulle strade e nei parcheggi delle fabbriche è un segnale positivo e importante che rappresenta, senza ombra di dubbio, un'iniezione di fiducia. E' il segno concreto di un ritorno alla normalità e testimonia il fatto che le aziende si sono rimesse in moto. Per questo mi auguro che la filiera della componentistica e della fornitura di materiali alle aziende vada a regime il più presto. Nei prossimi giorni ci aspettiamo dal Governo la concretizzazione e la messa a terra dei provvedimenti e delle risorse annunciate a favore delle imprese. Non possiamo più aspettare e gli interventi devono arrivare senza intoppi e in modo rapido per accompagnare e supportare la ripartenza delle aziende. Per questo accanto agli interventi serve un intervento shock sulla burocrazia per snellire procedure e richieste e allentare i vincoli degli adempimenti che rallentano la ripresa e rappresentano per lavoratori ed imprenditori un freno talvolta insormontabile. Dopo l'emergenza sanitaria il rischio è che il virus della burocrazia ci impedisca di tornare a correre e questo non deve accadere». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino