TARCENTINO (Udine) - È forse uno dei luoghi più suggestivi e misteriosi di Tarcento, il borgo di Sammardenchia, con i suoi Pannelli della memoria, con la sua...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Le voci dei costruttori antenati delle pire del 6 gennaio, udite e tramandate oralmente di generazione in generazione, riecheggiano anche oggi, per chi le sa ascoltare. La comunità di Sammardenchia si stringe ancora di più nei giorni che precedono la dodicesima notte, per costruire un falò sullo sperone del monte Cjampeon, tra Tarcento, Montenars e Artegna.
Questo è senza dubbio un luogo speciale, poco noto, frequentato da pochi. Si raggiunge solo con una strada di bosco, molto impervia. Percorrerla a piedi ci vuole un'ora. Lassù i pignarulars ammassano tutta la legna per creare una vera e propria opera d'arte: una scultura, questo pignarul, tanto è ingegnosa la modalità della sua costruzione, poi data alle fiamme all'imbrunire, d'improvviso, il 6 gennaio. L'altezza varia di anno in anno, arriva fino a 14 metri.
Si raccontano storie fantastiche sul pignarul del monte Cjampeon: che la notte dell'Epifania faccia saltar fuori dal bosco i folletti, che gli spiriti della natura danzino intorno al fuoco, acceso con le fiaccole, ritualmente, da non più di trenta giovani. E un po' è vero: tante persone si sono conosciute intorno alle fiamme di questa grande pira, ragazzi e ragazze che si sono innamorati e che poi si sono sposati. Amori nati con il fuoco, cuori rimasti letteralmente infiammati. Del resto, cosa può legare e fondere più della fiamma?
«Sul Cjampeon, in questa notte magica - dicono i ragazzi di Sammardenchia -, non puoi sentirti solo. Percepisci delle presenze. Sarà la suggestione, sarà che questo spazio è incantevole, sarà che qui, per secoli, hanno lavorato i nostri avi, di cui ripetiamo i gesti, per mantenere l'identità della nostra terra e di quello che siamo, per sentirli sempre nei nostri cuori. Sono loro che ci guidano, tutti i giorni dell'anno». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino