Allenatore campione di Fair Play: «Non era rigore, ho chiesto ai ragazzi di calciarlo fuori»

La squadra allievi del Cavarzano Limana protagonista del gesto di fair play contro il Ponzano

Alex Da Riz
BELLUNO - A volte da un rigore sbagliato si può giudicare un giocatore. O in questo caso, un allenatore. Ci perdonerà De Gregori, ma ci sono situazioni in cui questi...

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BELLUNO - A volte da un rigore sbagliato si può giudicare un giocatore. O in questo caso, un allenatore. Ci perdonerà De Gregori, ma ci sono situazioni in cui questi particolari fanno la differenza. Stiamo parlando della formazione Allievi del Cavarzano Limana (squadra bellunese iscritta al campionato regionale) e del suo allenatore Alex Da Riz, protagonisti domenica scorsa - 12 marzo - di un bellissimo gesto di fair play durante la partita contro i trevigiani del Ponzano


Siete in corsa per il titolo, nei primi minuti di gara vi viene assegnato un rigore ma lei dice ai suoi ragazzi di sbagliarlo. Una scelta che avrebbero fatto in pochi: mister Da Riz, ce la può spiegare?
«L’arbitro ha fischiato un po’ frettolosamente, ma in campo tutti si sono accorti che non era rigore. Per me prima del risultato vengono altri valori, la crescita formativa dei miei giocatori prima di tutto: segnare in questo modo non è nella nostra filosofia, ho chiesto ai ragazzi di calciare il rigore fuori e così hanno fatto. Poi abbiamo conquistato la vittoria con carattere, segno che gesti del genere vengono comunque premiati».

Come è iniziata la sua vita in panchina? 
«Ormai sono 8 anni che alleno, dopo una vita passata in campo dalle giovanili del Montebelluna fino a diverse squadre di Prima Categoria e Promozione. Sono partito dai pulcini, per poi passare all’Union Feltre e tornare infine dove tutto era iniziato, al Cavarzano. Per me è stata una scelta di cuore, ma a convincermi è stato il progetto della società: un piano non solo dedicato ai risultati sportivi ma anche alla crescita umana dei ragazzi».

Non solamente una guida sportiva dunque, ma soprattutto un educatore. 
«Esatto. Lo sport è un momento fondamentale in cui i ragazzi possono crescere prima di tutto come persone, acquisendo valori fondamentali che poi porteranno a loro volta nella società. È un aspetto fondamentale su cui ho insistito subito, trovando un’ottima risposta da parte della squadra. Domenica c’è stata un’occasione per mettere in pratica i nostri valori».

Una filosofia non facile da mantenere, sopratutto in un mondo del calcio in cui spesso fanno notizia episodi di eccessivo agonismo, razzismo e violenza, anche da parte di alcuni genitori. Lei cosa ne pensa?
«Il mio approccio non è sempre di facile comprensione, lo ammetto. Il mondo del calcio è sempre più preso dalla fretta di raggiungere risultati e obiettivi ad ogni costo, una frenesia che porta a creare confusione in tutti gli ambienti e anche ad alcuni episodi spiacevoli. A Cavarzano fortunatamente abbiamo creato una bolla in cui crescere con maggiore calma nonostante l’ambizione della società, ma anche qui alcune mie scelte ha dovuto confrontarsi con un po’ di scetticismo iniziale».

Ci faccia un esempio. 
«A inizio anno ho istituito delle multe di pochi centesimi per il rispetto delle regole in spogliatoio. Alcuni genitori non erano convinti, i loro figli comunque non guadagnano, ma si tratta di una scelta volta a responsabilizzare i ragazzi e ad avvicinarli alla realtà del mondo: a fine anno i ricavi andranno ad un’associazione benefica scelta da loro».

La sua squadra lotta per il titolo (seconda a 2 punti dalla Godigese nel girone E degli Allievi regionali U17, ndr). È la sua più grande soddisfazione? 

«Onestamente il risultato sportivo conta poco. Amo il mio lavoro e cerco di dedicare tutta l’attenzione ai ragazzi anche per gli aspetti extra campo: li vedo crescere come persone, e spesso ho ricevuto i ringraziamenti dei genitori. Sono cose che ti gratificano e ti fanno capire di aver fatto la scelta giusta: ho avuto diverse offerte per allenare in prime squadre ma il mio ruolo è nelle giovanili. Qui si piò fare la differenza, mostrando ai ragazzi come il calcio sia un gioco e un mezzo per al servizio della persona». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino