LENDINARA - Una infatuazione che si è alimentata su Facebook, ma che ha ben presto preso una piega sgradita alla ragazza altopolesana verso la quale si erano...
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Tutto prende le mosse nel novembre del 2016, quando il giovane inizia a tempestare via social la ragazza con numerosi e insistenti messaggi d’amore, nonostante lei si dimostri poco contenta di tali attenzioni. L’approccio di lui si fa sempre più spigoloso e, oltre ad alcune offese, dopo un messaggio rimasto senza una risposta, arriva una frase percepita come minacciosa: «Facciamo i conti». Ad agitare la ragazza, in particolare, è il fatto che dal mondo virtuale tutto si ripresenti anche nella realtà, con il giovane che in almeno tre occasioni si è poi fatto trovare vicino al suo luogo di lavoro.
APPROCCIO INSISTENTE
Sono così entrati in azione i carabinieri che, a fine marzo 2017, hanno eseguito una perquisizione su delega del pubblico ministero che aveva avviato le indagini sull’ipotesi di reato di atti persecutori. È in quell’occasione che il giovane ha pronunciato, davanti ai militari, una frase che ha decisamente peggiorato la sua posizione: «Ti giuro stiamo solo tutti male, quella ragazza, io non so adesso se la bacio, se l’abbraccio, se gli dico vaffanculo poi domani torno, se l’ammazzo, poi dico no».
Parole confluite direttamente nel capo d’imputazione formulato nei confronti del 32enne. Nel processo la ragazza si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Ivan Agnesini, che a sua volta si è avvalso della consulenza di Barbara Bonononi, psicologa forense, per la determinazione del danno subito dalla persona offesa. A difendere il 32enne, invece, l’avvocato Lorenzo Rosini, che nella sua arringa ha cercato di stigmatizzare anche l’atteggiamento della ragazza, definito «un po’ civettuolo», che avrebbe fatto perdere la testa al proprio assistito.
IL PROCESSO
Affermazioni che hanno provocato una dura reazione da parte dell’avvocato Agnesini. Il giudice Mabel Manca ha poi pronunciato la sentenza: il 32enne è stato condannato a 6 mesi, con la sospensione della pena condizionata al pagamento di un risarcimento per la vittima di 3mila euro. «Sono soddisfatto della pronuncia del Tribunale – commenta l’avvocato Agnesini - che, lungi dal considerare la vicenda come una ragazzata o un innocente corteggiamento, ha risposto dando un segnale concreto riguardo la tutela delle ragioni della vittima di reato. La cronaca giudiziaria troppo spesso narra di vere e proprie tragedie causate da denunce lasciate nei cassetti, ragion per cui ringrazio anche le forze dell’ordine intervenute che, con encomiabile rapidità, si sono prodigate al fine di ottenere, all’epoca dei fatti, l’applicazione della misura cautelare, nei confronti dell’imputato, del divieto di avvicinamento alla persona offesa. Solo così si possono tutelare le vittime di un reato così odioso, troppo spesso abbandonate a loro stesse e alle loro paure». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino