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MESTRE - L'unico limite rimane quello di non uscire dai comuni in cui vivono. Per il resto Luciano Donadio - accusato dall'Antimafia di essere a capo di una cupola mafiosa dei Casalesi - rimarrà un uomo libero. Lui come gli altri tredici imputati nel maxiprocesso in corso d'opera in aula bunker a Mestre. Questo perché ieri il tribunale del Riesame di Venezia, presieduto dal giudice Alessandro Gualtieri, ha rigettato il ricorso della procura contro la scarcerazione di Donadio e degli altri imputati, decisa a inizio febbraio. Questo mentre il processo è oggi all'ultima fermata: il 13 aprile la requisitoria, poi le arringhe. La sentenza entro l'estate, a fine di una corsa a tappe iniziata l'11 giugno 2020.
LA DECISIONE
In poche righe il Riesame fa poggiare il perché della decisione sulla scadenza dei termini di custodia cautelare.
LA SCARCERAZIONE
A dare la mossa al provvedimento del Collegio era stata un'istanza presentata dagli avvocati di Luciano Donadio, Renato Alberini e Giovanni Gentilini. Secondo i due penalisti il presunto boss andava scarcerato in quanto erano scaduti i termini della detenzione preventiva, cioè tre anni di carcere dalla data del rinvio a giudizio firmata il 5 febbraio 2020. Tesi che però il Collegio non aveva ritenuto decisiva. Ma "considerato che ormai l'istruttoria dibattimentale è nella parte assolutamente definitiva", per il tribunale si poteva procedere "ad una rivalutazione" della detenzione in carcere. Situazione alla quale vanno aggiunti i tre anni di reclusione durante il processo. La procura aveva impugnato il provvedimento bollando come "contraddittoria e illogica" la decisione e definendola "inadeguata" nel punto in cui si impone la dimora nei comuni dove avrebbe proliferato l'associazione mafiosa: "nessun elemento prova che gli associati abbiano rescisso i legami con l'organizzazione criminosa".
LE UDIENZE
Tutto era iniziato il 19 febbraio 2019. Procura Antimafia, carabinieri, polizia e guardia di finanza smantellavano quella che finora è - nell'ipotesi accusatoria - la più importante presenza mafiosa in Veneto, così introdotta da indirizzare le elezioni del Comune di Eraclea, perquisito da cima a fondo per giorni e rimasto per settimane a rischio scioglimento per mafia. Quella mattina c'erano stati una cinquantina di arresti e una trentina di perquisiti, solo indagati. L'11 giugno 2020 si apriva il processo: 45 imputati, molti accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre che episodi di estorsione, spaccio, bancarotta.
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