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Sagace, estroversa, bella, intelligente; galante ma capace di sostenere una polemica con fierezza. Gli aggettivi tramandati su Elisabetta Caminer sono tutti interessanti. E di certo non sono sprecati per una donna che fu giornalista, editrice, poetessa, traduttrice, pedagogista e regista teatrale, oltre che la prima donna direttrice di un giornale in Italia (e fra le primissime in Europa): precisamente de “Il giornale Enciclopedico”, creato da lei stessa nel 1774 allo scopo di diffondere le idee illuministe del tardo Settecento. Niente male per una ragazza destinata dalla madre a fare la modista.
Ma facciamo un passo indietro: Elisabetta – primogenita di cinque figli – nacque a Venezia il 29 luglio 1751 da Domenico Caminer, storico e giornalista, e da Anna Meldini. Dopo aver ricevuto un'educazione sommaria, fu affidata dodicenne a una conoscente perché imparasse un mestiere, e cominciò così a praticare la bottega di una crestaia; ma non faceva per lei: innamorata dei romanzi francesi della fornitissima biblioteca paterna, iniziò a studiare quella lingua da autodidatta, formandosi poi su altre materie. E quando la madre la sottopose a regole più rigide, per via di alcune scappatelle amorose, si dedicò totalmente agli studi e alle letture, finendo per collaborare col padre alla redazione dei giornali di successo che Domenico Caminer creava in casa sua: come la “Nuova Gazzetta Veneta”, che proseguirà negli anni sotto i nomi di “Diario Veneto” e “L'Europa Letteraria”.
Da semplice copista, Elisabetta dimostrò ben presto di avere ambizione e ingegno: iniziò a produrre traduzioni, componimenti, creazioni poetiche.
Spigliata, brillante, indomita, e con una bellezza fuori dal comune, Elisabetta attirò ben presto l'attenzione del pubblico (e di decine di ammiratori): offriì ai suoi lettori notizie storiche, novità letterarie e scientifiche, aneddoti. Sostenne senza timori il “riformista” Carlo Goldoni contro il teatro “conservatore” di Carlo Gozzi (facendolo infuriare non poco). Condusse epistolari importanti con editori e scienziati: in una lettera al biologo e naturalista Lazzaro Spallanzani, Elisabetta si lamentò perché la sua condizione sociale le impediva studi scientifici, permettendole solo traduzioni e poesie.
Pur vivendo una condizione privilegiata, era pur sempre una donna, e per affrancarsi dalla sfera famigliare dovette cercare una sponda nel matrimonio: la trovò nel medico e naturalista vicentino Antonio Turra, botanico, scienziato di fama europea e direttore dell'Orto del vescovo di Vicenza, oltre che socio di varie Accademie. Si sposò nel giugno del 1772, a ventuno anni, e andò a vivere a Vicenza con lui.
Fu un matrimonio senza figli che fu caratterizzato sempre, anche nei momenti difficili, da un profondo legame. La società vicentina era diversa da quella veneziana, e quando la Caminer fondò il suo giornale illuminista, si trovò in difficoltà sempre maggiori a causa della censura. Pur rimpiangendo la sua Venezia, “libera, sciolta e buona città”, Elisabetta non lasciò mai Vicenza, e negli anni successivi – con l'appoggio incondizionato del marito – pur di pubblicare portò la tipografia nella loro casa di Contrà Canove, dove aveva dato vita a un cenacolo di intellettuali, scienziati, viaggiatori.
Tra le pagine del “Nuovo giornale enciclopedico” (dal 1790) dibatté su educazione, riforma del teatro, della lingua, della letteratura e delle scienze, firmando gli articoli con le sue iniziali. Vulcanica, produsse opere pedagogiche per donne e bambini, senza mai rinunciare al teatro, e istituì una scuola di recitazione. Nel 1795 le si manifestò un tumore al seno, operato senza successo. Oppressa dai debiti, e sempre inseguita dalle maldicenze di chi non ne capiva la levatura, impegnò l'argenteria e la biancheria. Sfinita dal male, morì a Orgiano nella villa dell'amico Giovanni Battista Fracanzan, il 7 giugno 1796, a nemmeno 45 anni d'età. Fu sepolta nella chiesa vicentina di Santo Stefano.
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Il Gazzettino