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PADOVA - Sono divise su tutto: sulle cause della sconfitta, sulle responsabilità dei vertici e sulla strada da imboccare per la risalita. C'è una stessa frase però che le due anime opposte della Lega padovana ripetono senza indugi «Andiamo a congresso». Il confronto interno arriverà nel giro di un mese e ormai nessuno si nasconde più. È arrivato il momento di iniziare ad organizzare le truppe per contarsi e pesarsi. «Sì, la sezione di Padova andrà a congresso attorno alla fine di ottobre - conferma il commissario cittadino Massimo Bitonci -. Sarà chiamato al voto il nostro centinaio di iscritti. Verrà scelto un nuovo segretario che prenderà il mio posto e sarà eletto anche un nuovo consiglio direttivo».
Le due sponde
Il clima è pesantissimo. I dissidenti hanno ottenuto la possibilità di fare il congresso invocato da più di un anno ma ora temono che a partecipare saranno «tanti militanti iscritti solo sulla carta, gente che non ha mai fatto una campagna elettorale in strada con noi». La loro paura è che il congresso sarà «un falso esercizio di democrazia». Su questo punto l'ex sindaco Bitonci risponde prontamente: «Parlare di congressi-farsa è irrispettoso nei confronti di chi ha la possibilità di votare. Se chi viene eletto non è allineato con loro, devono prenderne atto...».
Le strategie
Gli schieramenti in campo sono chiari. Da un lato il trittico di fedelissimi di Matteo Salvini composto da Alberto Stefani, Massimo Bitonci e Andrea Ostellari (fa parte di questa sponda anche la capogruppo Eleonora Mosco) mentre dall'altro ecco le voci critiche di due big del partito come Roberto Marcato e Fabrizio Boron assieme a quelle diversi militanti che in questi giorni stanno sfogando anche pubblicamente tutta la loro rabbia. L'ala bitonciana è convinta di avere i numeri per vincere il congresso e già nei mesi scorsi aveva pensato di candidare come segretaria l'avvocato Federica Pietrogrande, presidente del Consiglio comunale ai tempi dell'amministrazione Bitonci.
Il nome di Favero
Sull'altro fronte il nome caldo è quello di Davide Favero, odontoiatra di 35 anni tesserato dal 2010 già capogruppo dal 2014 al 2016 e oggi anche docente all'istituto Cortivo e vicepresidente del conservatorio Pollini. «Candidarmi a segretario non era nei miei programmi ma se c'è da assumersi delle responsabilità io non mi tiro certo indietro - spiega con toni concilianti -. Dico subito però che non mi metterei mai contro un'altra frazione, per poi magari vincere e trovare una fazione spaccata. Sarei disponibile solo se la mia figura potesse rappresentare un punto d'unione. Dopo che il mio nome è comparso sul Gazzettino più di una persona mi ha chiamato, vediamo». Subito dopo l'esito del voto lo stesso Favero non era stato tenero su Facebook: «Se servirà a smettere con i cappellini su Tik Tok, con lo scimmiottare i partiti di destra (...) e magari anche a tornare ad ascoltare i territori, beh...Un 9% al fiele potrebbe anche essere delizioso». Su di lui nell'ala bitonciana non ci sono commenti al miele, anzi. La reazione alla sua possibile candidatura è accompagnata da una risata sarcastica: «Ma se non l'abbiamo più visto nemmeno ad un banchetto» mormorano alcuni fedelissimi del commissario.
La base
Una fetta di militanti però vedrebbe di buon occhio un nome come quello di Favero e intanto continua ad esprimere tutto il malumore. Se Roberto Marcato è stato il primo a rompere la diga urlando quello che non va nel partito, ora a quel fiume in piena vanno aggiunte le parole di una storica militante come Vanda Pellizzari: «Il risultato è addirittura peggiore del previsto. Già da tempo il malcontento della gente era palpabile: troppe decisioni prese dall'alto senza condivisione della base. I militanti che sempre si impegnano sul territorio con passione e dedizione, devono essere ascoltati e coinvolti in ogni decisione che il partito prende. Le responsabilità ci sono e sono convinta che si sarebbe potuto fare meglio se solo si fosse ascoltata la voce di chi è sempre tra i cittadini. Basta con le decisioni prese dalle solite persone». La Lega arriva a congresso così. Un mese alla resa dei conti.
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