Droga e bitcoin, chiesti 8 anni per il "Dottore", l'ex barista dell'Alexander

Emanuele Lovato e il bar Alexander a Padova
PADOVA "Il Dottore", Emanuele Lovato 36 anni di San Bonifacio in provincia di Verona, rischia otto anni di carcere. È la richiesta mossa dal pubblico ministero...

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PADOVA "Il Dottore", Emanuele Lovato 36 anni di San Bonifacio in provincia di Verona, rischia otto anni di carcere. È la richiesta mossa dal pubblico ministero Benedetto Roberti, titolare delle indagini, davanti al Gup Margherita Brunello in rito abbreviato, per l'ex barista del pub Alexander di via San Francesco considerato in città il boss della marijuana e dell'hashish. Lui, laureato in psicologia, ha il pallino per gli affari e con l'obiettivo di non essere scoperto dalla polizia aveva convertito il denaro ricavato dalla vendita dello stupefacente in cripto valuta: in particolare bitcoin. Davanti al Gup, sempre in rito abbreviato, c'erano anche Piero Pasqualin 22 anni residente a Treviso e Nicola Manildo anche lui 22 anni e residente a Treviso. Per entrambi il magistrato ha chiesto una pena di 4 anni più una multa. Infine il sostituto procuratore ha chiesto un anno e 4 mesi, con la sospensione della pena, per Irene Boraso 24 anni di Este. Tutti gli altri hanno o chiesto di patteggiare o affronteranno il processo.


 

Nove arresti, una quindicina di perquisizioni e il sequestro di 200 mila euro in contanti. Questi i numeri del blitz compiuto dagli uomini della Mobile in quella che è stata definita l'evoluzione 2.0 del traffico illecito di stupefacenti, con l'utilizzo di tecnologie innovative: dalla moneta reale a quella virtuale, da telefonate ed sms a chat impossibili da intercettare, dall'acquisto della droga al mercato nero a quello nel deep web. L'attività investigativa, iniziata verso la metà del 2017 e condotta anche con l'ausilio di agenti sotto copertura, ha permesso di individuare la banda di spacciatori, composta principalmente da italiani, che, prima in un'abitazione presa in affitto in via Lepanto e poi in via Mentana, gestiva un ragguardevole giro di spaccio di sostanze stupefacenti dall'elevatissimo principio attivo. I maggiori clienti erano gli studenti universitari e il Dottore la droga dalla Spagna la pagava in criptovaluta. Attuando questo escamotage era sicuro di non essere pizzicato, ma si è sbagliato. Lo stupefacente era nascosto in un mobile del soggiorno nell'appartamento di via Belzoni, dove risiedevano il barista e la fidanzata, all'interno di zaini, scatole di scarpe e pacchetti di sigarette. Ma è nel covo di via Mentana che sono stati ritrovati i quantitativi più consistenti. Hashish e marijuana erano occultati in una scatoletta dentro un'intercapedine in cartongesso.
Marco Aldighieri Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino