Contenitori anti-intrusione per scongiurare altre tragedie dopo la morte del moldavo

MESTRE - “I furti avvengono di continuo, direi in maniera sistematica. E non sono opera dei poveri, che sanno benissimo dove potersi rivolgere per chiedere e ricevere...

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MESTRE - “I furti avvengono di continuo, direi in maniera sistematica. E non sono opera dei poveri, che sanno benissimo dove potersi rivolgere per chiedere e ricevere aiuto”. Don Dino Pistolato oggi è parroco a Gambarare, ma per lungo tempo è stato direttore della Caritas diocesana e vicario del patriarca per gli Affari generali. Soprattutto, è tuttora presidente della Mace, la cooperativa sociale di solidarietà con sede a Marghera, che ha in mano la gestione dei 140 cassonetti gialli per la raccolta dei vestiti usati presenti in città. C’è da ricordare che già da un po’ di tempo la Caritas - e quindi il Patriarcato - si è sganciata ed è completamente uscita dal progetto. E che gli indumenti di fatto non sono raccolti per essere dati ai poveri, ma per essere venduti a una cooperativa tessile, destinando il ricavato per lo stipendio dei soggetti svantaggiati cui la Mace dà in questo modo da lavorare (peraltro, a ben vedere, neppure sui cassonetti stessi c’è scritto che gli abiti vanno ai poveri, cosa che in realtà è pensata nell’immaginario collettivo).

Morto soffocato nel cassonetto della Caritas, caso chiuso: tragica fatalità

“Qualche volta i furti vengono ripresi dalle telecamere di videosorveglianza che possono esserci in un a zona – afferma don Dino –. Fanno selezione di ciò che tengono e ciò che lasciano per strada. Capita anche che vengono a riempire un furgoncino. Noi crediamo che tutta la merce sia poi rivenduta al mercato dell’usato in paesi dell’Est”. Il sacerdote, grande conoscitore delle povertà per i ruoli che ha ricoperto, esclude che a rubare siano i poveri: “Chi è indigente sa dove poter chiedere aiuto. Le opportunità in città non mancano: dalla Caritas alla San Vincenzo de’ Paoli, fino al Centro di solidarietà Papa Francesco dei centri Don Vecchi. Lì possono ricevere vestiti pronti, puliti, assolutamente utilizzabili”. Dentro i cassonetti gialli si trova un po’ di tutto: c’è chi dona sperando di fare del bene e chi ne approfitta per svuotare l’armadio. La raccomandazione, si legge, è di “conferire indumenti asciutti in sacchi piccoli e chiusi”. Nello specifico, si possono lasciare: abiti, borse, biancheria, tende, maglieria, coperte e scarpe appaiate. Lo slogan è: “La filiera del riciclo. Da rifiuto a risorsa”.

Identificato il giovane straziato nel cassonetto dei vestiti usati: era moldavo e lavorava alla Fincantieri

Dopo il caso del 29enne moldavo morto soffocato mentre rovistava nel cassonetto di via Spalti, nei pressi della scuola Pacinotti, don Dino spiega: “Il meccanismo di apertura e conferimento, con la rotazione della maniglia, è sicuro. Peraltro stiamo progressivamente sostituendo il vecchio sistema delle linguette con un uno nuovo ancora più affidabile. Nel caso in questione pare che le stesse linguette fossero state tolte, è un aspetto da chiarire”. E conclude don Dino: “Al di là dell’azione illegittima oltre che pericolosa, questa morte non è solo una disgrazia, ma una sconfitta sociale su cui dobbiamo riflettere, tutti. Le incursioni sui cassonetti per alimentare il mercato dell’usato sono frequenti e potrebbe scattare un rischio emulazione. Bisogna aumentare i controlli e spezzarle sul nascere”. 

 

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Il Gazzettino