VENEZIA - Le casse non battono più, le strobo non illuminano più. I parcheggi deserti, i muri scrostati, i divanetti distrutti. Non è adatto ai nostalgici il viaggio...
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Sono le discoteche, ex cattedrali di vita, che oggi sembrano vivere una crisi senza fine. Dallo Station, il Rock and Blue, il Le Palais, il Pachuca e l'EastSide di Padova allo Shadow di Belluno, passando per Jesolo (dove la lista è troppo lunga: Matilda, Papaya, Movida, Capannina...), fino al Maskò di Rovigo, allo Shaker di Sottomarina o al Disco Palace di Nervesa della Battaglia che è diventato un centro per disabili.
Molti, leggendo questi nomi, ripenseranno a notti passate, spesso esagerate, dove musica, danze, corpi, alcol si mischiavano in un rito collettivo e "sacro" che ormai sembra aver perso il suo smalto e il suo carico di significati.
Finiscono così, in un cumulo di macerie, quando non trasformati in appartamenti o centri commerciali, quelle "case notturne" che hanno visto i ragazzi del Veneto, i 30/40enni di oggi, esibirsi, divertirsi, innamorarsi, ubriacarsi ed esagerare. Sbagliare e crescere.
Non per tutti sono luoghi degni di essere celebrati o ricordati, ma è incontestabile che, buona o cattiva, tanta vita è passata da questi luoghi. Energia che sembra però aver lasciato il segno.
Nei commenti in coda all'articolo, chi vuole, può condividere il suo ricordo. Aspettando che ricominci la musica. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino